Page 678 - Libro Sacro Monte di Varallo
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alterando non solo il cognome, ma mutando anche il nome. A differenza poi di tutti gli altri, il Bartoli nel 1777 assegna la statua di S. Carlo allo scultore val- sesiano Gaudenzio Sceti, che all’epoca di esecuzione doveva esser già morto da vari anni. In fine il Ravelli parla dello scultore «Odeone». La scelta dell’Arrigoni, scultore lombardo, pur essendo passata la Valsesia ormai da un quindicennio a far parte dei domini sabaudi, rivela che in campo artistico essa si sentiva ancora legata al suo ambiente tradizionale, gravitando, almeno per la pittura e la scultura, nell’orbita di Milano. Per quanto riguarda le pareti del piccolo ambiente, vennero eseguiti degli af- freschi con numerose figure tra architetture e tendaggi, che, da quanto si può oggi dedurre da vecchie fotografie, sembrano ancor legate ad una tradizione gia-noliana. Esse, stando alle guide del 1743 e del 1751, erano opera «del nostro Borsetti Varallese». Ma poiché le statue modellate dall’Arrigoni per l’Ingresso in Gerusalemme e le altre da lui restaurate erano state dipinte da Pietro Borsetti, bisogna pensare che anche questi affreschi siano stati eseguiti da Pietro e non dal più celebre Carlo Borsetti, nativo di Casetti di Boccioleto, e non di Varal- lo, ed allora appena ventiquattrenne, a cui in seguito per confusione verranno assegnati. Il primo infatti a ritenerli di Carlo fu il Bartoli nel 1777, seguito poi dalla maggior parte dei compilatori di guide del Sacro Monte, fin che nel 1914 il Galloni rettificò l’equivoco. Il gruppo statuario, di cui ci si può fare un’idea attraverso alle xilografie che illustrano le guide del 1743 e del 1751, era ancora completo nel 1829, quando nell’interno della piccola cella era già stato sistemato anche il letto di S. Carlo. Purtroppo però, forse nella seconda metà dell’Ottocento, venne eliminato l’an- gelo in volo. Annullato così il mistico colloquio, la figura di S. Carlo, rivolta verso l’oratorio del Santo Sepolcro, risulta piuttosto melodrammatica per l’in- tensità enfatica dei gesti, di un greve e un pò popolaresco barocco lombardo, accentuato da un’esecuzione non molto raffinata, mentre il volto, che pare sia stato modellato sulla maschera mortuaria del Santo, conservata presso la fami- glia Borromeo, rivela un realismo aggressivo e quasi esasperato. • 678 Cappella - 43
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