Page 243 - Libro Sacro Monte di Varallo
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ci presenta tutta la parte di centro e di sinistra dell’affresco di Melchiorre col pittoresco e fantasioso paesaggio, le rocce, la ricca vegetazione, gli steccati di recin- zione, le case, i castelli, la veduta di Gerusalemme sullo sfondo, gli sgherri in arrivo accolti da Giuda. Il testo accurato e meticoloso completa poi la descrizione non trascurando di notare le precarie condizioni degli affreschi che completano «assai bene la rappresentazione plastica quando erano in buono stato». E più oltre vie- ne illustrato «un fatto biblico allusivo a questa rappresentazione, dipinto in un quadro, nell’alto, di fronte, sostenuto da grandi Angioli in belle movenze e gra- ziose, assai conservato, (che) chiarisce viemeglio la valentia dell’Artista. È questa una composizione di piccole figure eseguite con gusto ed arditezza, che esprime il passaggio del torrente Cedron fatto da Davidde, quando fuggiva il figlio Assa- lonne, che sollevatoglisi contro, con numerosa oste da Ebron moveva verso Ge- rusalemme. Maestosa sopra tutte è la figura di Davidde, il quale già grave d’anni, canuto il crine e la folta barba, con corona in capo e abito guerriero, sorreggendo colla destra il regal manto, incede grave, concentrato e afflitto sul ponticello del Cedron; molti soldati e cavalieri ben distribuiti e aggruppati, col sacerdote Sadoc, e alcuni Leviti portanti l’Arca Santa compiono questa scena». Dunque, come nelle cappelle affrescate dal Morazzone (Salita al Calvario) e dal Tanzio negli stessi anni, come farà anche Melchiorre nel 1619 nella Cattura ed ancora dopo ripeteranno i Danedi nella Trasfigurazione, anche qui il pittore aveva rappresentato entro un grande cartiglio nella parte alta dello sfondo un episodio biblico che si richiamava al torrente Cedron e di conseguenza all’orto degli ulivi, situato appunto al di là della valle del Cedron o di Giosafat. Ma come ha ricordato il Cusa e come aveva già precedentemente fatto notare anche il Bordiga, gli affreschi erano ormai «guasti dall’umido» nel paesaggio e nelle figure. Come è ben noto, ad iniziare dal 1776 erano state rifatte le due cappelle immediatamente precedenti dell’Ultima cena e dell’Agonia nell’or- to conglobandole sotto il portico del nuovo edificio sul lato nord della Piazza Maggiore, completato nei primi decenni dell’Ottocento per la munificienza della marchesa Severina Sanmartino di Parella, da cui appunto prese il nome di «Casa Parella». Ora, con l’esigenza di rifare prima o poi gli affreschi dei Tre discepoli dormienti, era facile si facesse strada l’idea di prolungare la fronte della Casa Parella e di ricostruire il mistero allineandolo sotto il portico in continua- zione dei due già rifatti della Cena e dell’Orto degli ulivi, col risultato di dare una maggior uniformità a quel lato della piazza. È cosi che nel 1863 un’altra benemerita dama torinese, Maddalena Vigliardi Paravia, che come la marchesa di Parella aveva scelto di trascorrere il periodo Per sfogliare il libro cliccare col mouse sugli angoli delle pagine e trascinare i fogli 243