Page 240 - Libro Sacro Monte di Varallo
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Così la cappella compare nello scrupoloso rilievo planimetrico dell’architet- to torinese Giovanni Matteo Massone del 1772 e successivamente in quelli del varallese Giuseppe Marchini del 1816 e del Cusa, eseguito nel 1857. Così la si vede con molta chiarezza, colta in diagonale, nella panoramica con la «Piazza avanti la Chiesa Maggiore» incisa da Girolamo Cattaneo per la guida del 1779, nella più rustica xilografia di identico soggetto, intagliata per la guida del 1819 (ristampata anche nel 20), nella ben nota veduta della Piazza Maggiore disegna- ta dal Nicolosino ed incisa dall’Arghimenti nel 1825, ed ancora nell’accurata raffigurazione della «Piazza avanti la Chiesa del Santuario» incisa dal Ladner nel 1853. Ben visibile è in queste ultime illustrazioni anche la copertura di lose, costituita da due tetti distinti: il primo a quattro spioventi, ossia a padiglione, sulla cappella vera e propria; il secondo a tre falde sul più basso atrio antistante. È deduzione ovvia che autore del tempietto, sia come progettista, che come direttore dei lavori debba essere stato Giovanni D’Enrico, che proprio da pochi anni, nella sua piena maturità era diventato il grande regista di tutta l’impresa edificatoria del Sacro Monte, tanto per l’aspetto architettonico, che per quello scultoreo, coadiuvato nel primo campo dall’assai più giovane Bartolomeo Ravelli. Al D’Enrico poi spettano le quattro statue che raffigurano il mistero, come afferma per primo nel 1671 il Fassola, come tutti unanimemente hanno ripetu- to dopo di lui e come del resto dimostra lo stile inconfondibile con la resa così carica di umana tensione delle figure. Se, come si è detto, le tre statue dei Dormienti erano già state modellate nel 1606 per una prevedibile collocazione nella cappella dell’Agonia nell’orto, verso il 12, quando cioè venne eretto l’edificio per contenere la raffigurazione dei Tre discepoli dormienti, dovette essere eseguita solo più l’ultima, cioè quella del Cri- sto. In caso contrario tutte quattro le statue dovrebbero essere state modellate attorno al 1612, contrariamente a quanto afferma più volte il Galloni con una certa imprecisione, datandole non più tardi del 1608. Egli infatti riferisce che Melchiorre D’Enrico pattuì la dipintura delle statue con un accordo stabilito in aggiunta alla convenzione del 6 luglio 1608, concer- nente la cappella di Cristo coronato di spine. La cosa appare per altro assai strana dato che in quel momento non era ancora stata iniziata la costruzione della cap- pella dei Tre discepoli dormienti. Meraviglia poi ancor di più, ma qui si tratta di un evidente errore, nel capitolo dedicato a Melchiorre D’Enrico, l’affermazione che nel 1608 affrescò la cappella. E lascia pure perplessi l’affermazione, sempre del Galloni, che «dà buona prova del soddisfatto eseguimento (degli affreschi) una scrittura del Notaio G.B. Albertino in data 7 dicembre 1612 che riferisce la 240 Cappella - 22
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