Page 239 - Libro Sacro Monte di Varallo
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uno spazio cosi esiguo, il vescovo stesso abbia escogitato l’espediente dello sdop- piamento del mistero con la soluzione abbastanza geniale delle due cappellette contigue. Tuttavia già nello stesso anno tale piano risulta superato con un’idea più grandiosa nella veduta xilografica di Varallo e del Sacro Monte, intagliata da Gioacchino Teodorico Coriolano e conservata al Museo del Paesaggio di Pal- lanza. In essa infatti, dopo l’Ultima cena e l’Orazione nell’orto, che risultano fantasiosamente unite in un unico edificio, compare già un po’ discosta, sulla stessa Piazza Maggiore, un tempietto, volto verso mezzogiorno, con ampio atrio sormontato da un’arcata, per i Tre discepoli dormienti. È in sostanza, nonostante la sommarietà propria di una xilografia, la soluzio- ne adottata poi nella realtà non molto dopo, se trascorsi solo sei anni, nel 1612 come si vedrà verrà dia dato l’incarico a Melchiorre D’Enrico di affrescare l’in- terno della nuova cappella. Tuttavia nel disegno preparatorio per la progettazione di tutto il complesso della parte alta del Monte, steso da Giovanni D’Enrico probabilmente attorno al 1609, la cappella è raffigurata con la facciata rivolta verso levante, a differenza di quella poi realizzata, forse per meglio collegare il mistero con quello prece- dente di Gesù nell’orto. Mentre invece appare, già preceduta, come sarà poi in realtà, da un atrio sorretto da due gruppi di colonne binate. Bisogna quindi dedurre che la costruzione deve essere posteriore, non solo alla lettera del Bascapè del 16 aprile 1606 ed alla xilografia del Coriolano, ma anche al disegno planimetrico di Giovanni D’Enrico, e che di conseguenza deve esser stata eretta tra il 1609 ed il 1612, con l’orientamento modificato, cioè con la facciata rivolta verso mezzogiorno, ossia verso la Piazza Maggiore, come già era immaginato nella citata xilografia del Coriolano. La nuova cappella si trovava in posizione leggermente arretrata rispetto a quella attuale ed un po’ più elevata in confronto alla piazza, sorgendo già sul- le prime pendici del colle del Tabor. Era costituita da un’aula quadrata di di- screte dimensioni, preceduta da un atrio un po’ meno elevato e di larghezza leg- germente inferiore rispetto al corpo dell’edificio e contraddistinto da un grande arco centrale sorretto da due gruppi di colonne binate, come avviene in tante facciate di chiesette ed oratori del tardo Cinquecento e del Seicento in Valsesia. All’atrio, o pronao, si accedeva attraverso a due brevi scalee poste sui due lati brevi e non dalla parte anteriore, per superare il dislivello rispetto alla piazza, facilitando lo scorrimento dei pellegrini da destra a sinistra davanti alla grata antistante alla scena. Per sfogliare il libro cliccare col mouse sugli angoli delle pagine e trascinare i fogli 239
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