Page 638 - Libro Sacro Monte di Varallo
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La cappella di San Carlo La presenza del grande arcivescovo di Milano, Carlo Borromeo, è ancora vivis- sima, intensa, palpitante, coinvolgente sul Sacro Monte. La si vede, la si sente, la si tocca quasi in continuazione, anche dove uno meno se lo aspetta. Cappelle, statue, dipinti, ricordi, documenti, la camera, il letto ecc...s’incontrano lungo il percorso, nella Basilica, nella casa degli Oblati ed anche al fondo del portichetto del Santo Sepolcro. Quando nel 1700-1702 venne ristrutturato tutto il complesso edilizio com- prendente il Santo Sepolcro con l’erezione dell’adiacente oratorio e la ricostru- zione del piccolo portico, al fondo del suo terzo braccio, che prima non esisteva, nel punto in cui si incunea sotto la loggia che chiude ad occidente la Piazza Mag- giore, si pensava di raffigurarvi il Limbo. A questa cappella, avrebbero dovuto seguirne altre elencate nella guida del 1704 e raffigurate in alcune vedute sei- centesche del Sacro Monte come future realizzazioni. Era facile coltivare questo ambizioso progetto e illustrarlo sulla carta, quasi per anticipare i tempi. Molto più arduo realizzarlo. Due decenni dopo, tramontata l’idea velleitaria, sia per ovvie ragioni finanziarie, che per l’esiguità dello spazio a precipizio su Varallo ed in particolare sulla sottostante chiesa francescana di San Maria delle Grazie, al posto del Limbo si creò un nuovo, piccolo sacello dedicato a San Carlo. Si ovviava in tal modo ad una reale carenza iconograca e devozionale. Infatti nel San Sepolcro non vi era e non vi è anche oggi nessuna immagine del Santo, nonostante che tutte le biografie del Borromeo e tutte le guide del Sacro Monte ricordino che amava trascorrere, quand’era a Varallo, lungo tempo sia di giorno che di notte, pregando nel sepolcro, ove, secondo la tradizione, avrebbe anche avuto l’avviso da un angelo del suo imminente transito. Il Fassola, descrivendo il San Sepolcro, specifica che “nel cantone dell’uscio picciolo, per il quale s’entra, San Carlo Borromeo spendeva più delle sue fiate in orazione”. Ma in quel punto non venne mai posta, non dico un’immagine del Santo, che forse ingombrerebbe, data l’esiguità dello spazio, ma neppure un segno, una targhetta in marmo sul pavimento per ricordarlo ai pellegrini. La guida del 1743 descrive la nuova cappella, realizzata per municenza del- la illustre famiglia varallese degli Alberganti, già benemerita per aver posto la prima pietra dell’oratorio del Sepolcro ed aver donato la balaustra in marmo dell’altare. É anche questa una nuova testimonianza della devozione della casa- ta, ma anche del suo desiderio di poter ottenere con questi atti di mecenatismo un maggior prestigio ed un titolo nobiliare, come i Castellani ed i Gibellini di Borgosesia, senza poterlo però mai raggiungere. 638 Cappella - 42