Page 633 - Libro Sacro Monte di Varallo
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in terracotta policroma del Caimi. Il primo, spontaneo interrogativo è di chie- dersi perché sia stata collocata in quel luogo, quasi appartato, non in un altro più prestigioso, di maggior effetto, di più sicuro e diretto richiamo. La risposta è logica ed immediata. La statua viene eretta volutamente li perché viene a tro- varsi addossata all’originario complesso del Santo Sepolcro, punto iniziale di tutto il futuro Sacro Monte, sul muro stesso della “fabrica sibi contigua”, citata già nella lapide del 1491, umile edificio che fu appunto la residenza del Caimi negli ultimi suoi anni ed in cui molto probabilmente spirò. Già il Fassola a poco più di trent’anni dalla collocazione della scultura sotto il portico, ci fornisce le notizie fondamentali: ”Il Senator Caimo nobile discendente della famiglia del Beato Padre Bernardino lasciò, che si facesse una Nicchia con la Statua del Bea- to Padre, per la qual cosa li Fabriceri si mossero a trattarne l’anno del trent’ot- to, anche di tener più in venerazione le Celle habitate da questo Padre sopra il Sacro Sepolcro”. Poco dopo il Torrotti si limiterà a citare genericamente il senatore Caimi tra i benefattori. Sarà però molto più avanti nel tempo, che nella guida del 1829 si nominerà l’autore della statua “lavorata da Giovanni d’Enrico”. Affermazione tarda, ma tutt’altro che infondata, riferita come un qualcosa di sicuro, di ovvio, di scontato. Ed infatti finora nessuno studioso ha mai avanzato qualche dubbio, qualche perplessità in proposito. Nel 1638 Giovanni d’Enrico è ancora operan- te, sebbene sia giunto quasi alla conclusione della sua intensa attività, coadiu- vato ormai dall’allievo e collaboratore Giacomo Ferro e dai fratelli del Ferro. Il d’Enrico sta per trarre le somme di tutto quanto aveva realizzato sul Sacro Monte, come risulterà dalla liquidazione del 12 maggio 1640 con l’elenco dei tanti gruppi scultorei ancora da pagargli da parte dei fabbriceri. È evidente che nell’elenco non figuri la statua del Caimi, perchè non commissionata dai fabbri- ceri, ma da un privato, il senator Caimi. Ed appare anche logico e convincente che l’opera sia stata modellata alla fine, alla conclusione dell’indefessa attività del grande plasticatore sul Monte, libero ormai dal dover creare affollati e tu- multuanti gruppi drammatici di figure, per potersi dedicare con maggior calma ad ideare personaggi singoli e poter accettare alcune commissioni provenienti dall’esterno. L’espressione usata dal Fassola, che per l’esecuzione della statua “li Fabriceri si mossero a trattarne l’anno del trent ‘otto”, fa chiaramente ritenere che abbiano usato un ordine di precedenza, esigendo dallo scultore che prima eseguisse o terminasse i gruppi statuari, per poi dargli via libera per modellare la statua del fondatore. L’assegnazione tradizionale e indiscussa al d’Enrico, mi pare poi pienamen- Per sfogliare il libro cliccare col mouse sugli angoli delle pagine e trascinare i fogli 633