Page 631 - Libro Sacro Monte di Varallo
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quando venne iniziato il Sacro Monte, non era un altopiano roccioso incolto ed abbandonato, ma è documentato che era diviso fra vari proprietari. Doveva costituire un alpeggio, o una piccola frazione di Varallo, con alcune rustiche co- struzioni, come probabilmente quella documentata nell’atto di donazione del 14 aprile 1493, come existentesubtus crucem, come ho cercato di dimostrare nel 2007 trattando delle cappelle della Pietà e della Sindone. Ma anteriormente, come da decenni ritengo, e nessuno mi ha mai smentito, in epoca preistorica vi doveva sorgere un castelliere gallico, come tutto porta a pensare per la tipica conformazione orografica nella terrazza naturale, strategicamente dominante sulla confluenza dei due corsi d’acqua (Sesia e Mastallone) per la sua difen- dibilità ottimale da ogni lato, anche verso nord. Tutto ciò è avvalorato dalla presenza della grande pietra collocata entro una nicchia sotto il portichetto del Santo Sepolcro, già ritenuta per secoli simile a quella che chiuse il vero Santo Sepolcro a Gerusalemme, ma che è in realtà una stele, o menhir, testimonianza inconfutabile di un preistorico insediamento in loco. Era quindi necessaria fin dall’antichità più remota la presenza dell’acqua, che non poteva provenire dal restrostante monte delle Tre Croci, a causa dell’avvallamento che lo separa dal super parietem. Era quindi basilare il rifornimento idrico in loco, che non si po- teva ottenere se non per mezzo di una cisterna. Ne consegue quindi che essa non debba risalire solo all’epoca di fondazione del Sacro Monte, o all’età medioeva- le per la necessità degli alpeggi, ma molto probabilmente allo stesso castelliere gallico, anteriore cioè all’epoca romana. Potrebbe quindi essere di mille cinque- cento duemila anni piu’antica rispetto al sorgere del Sacro Monte. La qual cosa costituirebbe una grossa scoperta archeologica per tutta la Valsesia. Oltrepassata la cisterna e svoltato l’angolo del portichetto, s’incontrano altre due lapidi. La prima, pavimentale, ricopre la tomba terragna di Don Alessandro Jachetti di Agnona, rettore dei preti convittori del santuario, dottore d’ambe leggi, morto l’11 agosto 1769, che scelse di essere ivi sepolto. La seconda,parietale, posta tra le due finestre, in marmo scuro, è dedicata a Don Carlo Maria Tonna, originario di Calasca nell’Ossola, già prevosto di Romagnano dal 1790 al 1826, che, come ben noto, elargì una cospicua somma superiore alle 20.000 Lire di allora per il completamento dell’edificio degli Esercizi Spirituali del Sacro Monte (attuale Albergo del Pellegrino) nel 1805, deceduto al Sacro Monte nel 1827. Dalla presenza di queste lapidi tombali ne risulta che il piccolo portico del Santo Sepolcro, tra gli ultimi decenni del settecento e la seconda metà dell’Ot- tocento, assunse quasi la funzione di un minuscolo cimitero elitario, riservato ad alcuni personaggi di rilievo, sia laici che ecclesiastici, desiderosi di riposare presso Per sfogliare il libro cliccare col mouse sugli angoli delle pagine e trascinare i fogli 631
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