Page 472 - Libro Sacro Monte di Varallo
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”S’è tirato quel ritratto sopra la bellissima contemporanea Contessa di Serra- valle d’all’hora. Qui nostra Divota”. Strano però che non ne abbia fatto cenno quindici anni prima il Fassola. Riprende la notizia nel 1830 il Bordiga che così scrive: “Osservansi in fondo nell’angolo due figure a cavallo, l’una coperta di ber- retto nero e l’altra è una donna di rara bellezza, che il Torrotti suppone essere il ritratto di una contessa Salomoni di Serravalle benefattrice”. Il Bordiga la considera tout court “benefattrice”, ma, come si è visto, il Tor- rotti si era limitato dire “all’hora, qui nostra Divota”. E come benefattrice la ricorderà anche il Cusa, rifacendosi ovviamente al Bordiga. Che i Salomoni di Serravalle abbiano potuto avere qualche rapporto con il Sacro Monte è quanto mai ammissibile, tenuto conto della vicinanza di Serra- valle a Varallo, anche se appartenente ad un altro stato: il ducato di Savoia. Per di più non si può tralasciare che Carlo Emanuele I, pochi giorni prima di salire in pellegrinaggio al Sacro Monte nel 1583, era stato gravemente ammalato a Vercelli, proprio nel palazzo dei conti Salomone nell’attuale Via Camillo Leo- ne, ove ricevette la visita di S.Carlo, dopo la quale quasi miracolosamente guarì. Il duca poi nel recarsi in riconoscente pellegrinaggio a Varallo passò sicuramente per Serravalle, ove dovette essere ospite nel castello del conte Marco Antonio, se non per pernottare, almeno per pranzo, prima di fare una più prolungata sosta a Borgosesia, dal 24 al mattino del 26 Settembre. Ed il duca Carlo Emanuele con la consorte Caterina e la sorella Matilde, nel secondo pellegrinaggio varallese durante la quaresima del 1587, dovette certo fare nuovamente tappa a Serravalle, ancora vivente il conte Marco Antonio (morto nell’88). Ma è improbabile che sia la consorte di quest’ultimo, Vitto- ria Arborio di Gattinara, ad esser stata effigiata dal Tabacchetti nel 1599-1600, quando era ormai vedova da più di un decennio. Bisogna quindi pensare, se la notizia del Torrotti è vera, che si tratti della nuora, moglie del conte Cristofo- ro, Diana Doria di Ciriè, sposata a Torino nel 1592. Che la giovane contessa, appartenente ad una famiglia legata alla corte sabauda, abbia voluto emulare le duchesse e principesse di Savoia con un’offerta cospicua è certo ammissibile, anche se i documenti tacciono, per ora, al riguardo, e l’unica notizia rimane sol- tanto quella fornita dal Torrotti. Ma è ovvio che se fece delle elargizioni, queste vennero usate per realizzare la scena scultorea della Salita al Calvario, che, come dice la guida del 1599 “è fatta con grandissima spesa”. Né altrimenti sarebbe comprensibile la sua effige nella cappella. Non si deve poi dimenticare che il Bascapè nella relazione della sua prima visita sul Sacro Monte, dopo il rifiuto della Marchesa di Masserano a concedere nuovi fondi, 472 Cappella - 36