Page 473 - Libro Sacro Monte di Varallo
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dice “alius se offert”. Erano forse già i conti Salomone di Serravalle, che tra l’altro avevano acquistato il loro feudo nel 1561 proprio dai Ferrero Fieschi, i possibili mecenati? Per loro sarebbe stato anche un gesto politico per ingraziarsi i confi- nanti valsesiani, con i quali era sempre assai difficile la convivenza. Lavorò da solo il Tabacchetti od ebbe dei collaboratori? È verosimile che lo abbia aiutato suo fratello Nicola, pure statuario. La Brizio, quarant’anni or sono, suppose che nella Salita al Calvario abbia prestato la sua opera Giovanni d’Enrico, e gli attribuì la grande, solenne figura “del giovane a cavallo che si drizza così animoso e spavaldo contro la parete affrescata presso il guerriero reggibandiera”. Il gruppo equestre però rivela l’inconfondibile mar- chio del Tabacchetti nel fare sprezzante e soprattutto nell’abbigliamento con- traddistinto in modo inequivocabile dal vistoso turbante posto marcatamente di sghimbescio, che subito richiama quello di Zaccaria nella cappella della Visi- tazione, dovuta al Tabacchetti, e quello di un personaggio tra i più in evidenza nella cappella del Martirio di S. Eusebio a Crea, pure del Tabacchetti. Un’ultima curiosità che non si può tralasciare, riguarda il gruppo equestre del centurione romano; già un po’ sulla sinistra “che sta dietro Gesù Cristo e vici- no a Simone il Cireneo”, come scrive il Butler. Egli, data la quasi perfetta imita- zione di quello di Gaudenzio nella Crocifissione, lo ritenne, in modo del tutto privo di fondamento, trasferito dal Tabacchetti “dall’antico Viaggio al Calvario fatto da Gaudenzio Ferrari”. Ma, a parte il fatto che è anche questa una di quelle figure appositamente ripetute identiche nell’accompagnare Gesù nelle sue peregrinazioni durante la passione, non avrebbe potuto esser contenuta nell’esiguo spazio della primitiva Salita al Calvario, non avrebbe potuto cronologicamente appartenere a quel momento di attività del Ferrari, ed in ogni caso con estrema difficoltà avrebbe potuto venir trasferita senza gravi danni dalla vecchia cappella a quella nuova. Ad una clausola del contratto però il Tabacchetti non si attenne: quella di reimpiegare le quattro statue di Adamo ed Eva, tolte in due momenti successivi, perché non confacenti, dalla cappella del Paradiso Terrestre. Certo doveva essere un’impresa assai difficile riutilizzare in un complesso pieno di movimento e di patos come la cappella della Salita al Calvario, quattro figure erette e statiche. È ben noto che due di queste statue, assai probabilmente quelle del Prestinari, rivestite e camuffate in foggia di soldati vennero sistemate sedici o diciassette anni dopo da Giovanni d’Enrico nella parte più arretrata della Cattura, presso il muro a destra di chi guarda. Delle prime due invece non si conosce la sorte. Saranno andate distrutte, o saranno state talmente ben riadattate da Giovanni Per sfogliare il libro cliccare col mouse sugli angoli delle pagine e trascinare i fogli 473