Page 477 - Libro Sacro Monte di Varallo
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Non si era stati soddisfatti della prova, data proprio allora con gli affreschi della Tentazione? C’era per di più attivo in valle l’alagnese Melchiorre Enrico Gra- ber, da non confondere con il fratello del Tanzio, reduce dalla Germania, che ha da poco affrescato il vistoso Giudizio Universale sulla facciata della chiesa di Riva Valdobbia. C’è ancora Gian Giacomo Testa di Varallo, già autore di vari cicli di affreschi per le cappelle del Monte, incaricato tra l’altro di dipingere quella dell’Ingresso in Gerusalemme nel 1950, operante nel ’95 nel Biellese ed ancora vivo nel 1614. Come mai non si ricorse a loro? Si riteneva che non fossero all’altezza di un compito così grandioso e impegnativo? O si pensava che fossero ormai troppo anziani, o di gusto ormai superato? Oppure Giovanni Antonio D’Adda, che proprio nel 1601 era fabbriciere e nel 1602 sarà procuratore dei fabbricieri, vole- va mettere in evidenza nell’ambiente varallese le sue larghe conoscenze in cam- po artistico, anche oltre i confini dello stato di Milano? O il pittore sarà stato raccomandato ai frati del Sacro Monte dai loro confratelli di Brescia? Suoi affre- schi si trovano infatti nel secondo chiostro francescano di S. Giuseppe a Brescia. Con la convenzione del 7 Gennaio 1602 si stabilisce che il Gandino “pitor de Brexia”, oltre a continuare a dipingere le statue della cappella, lavoro per altro abbastanza umile, “sia obbligato, come ha promesso metter colori finissimi et di ogni bontà pieni per le pitture di così celebre opera, eccetto colore azzurro oltrema- rino”. Si stabilisce che, finita l’opera, “per conto della sua mercede si abbi da far la stima”da parte di due periti, che il pittore debba “far li disegni della pittura da farsi sopra la muraglia di detta cappella conforme all’ordine di detto mons. rev.mo aggiungendoli quelli ornamenti che a lui parranno espedienti”. Si precisa inoltre che nello svolgimento del lavoro “se si romperà qualche figura di detta capella sia tenuto a rifarla”. Di poco posteriore a questo contratto così attento e minuzioso deve essere la nota di monsignor Bascapè con i “motti da mettere in mano a gli Angeli nella capella nuova del N. S. che porta la croce al Calvario con una notta delle figure s’hanno da depingere sul muro…”. Segue un’altra nota “de motti suddetti con un’altra notta delle figure et altro da depingersi sopra le porte di detta cappella” inviata dal vicario generale, Miche- langelo Marchesi, arcidiacono del Duomo di Novara e nipote del Bascapè, per incarico dello stesso Vescovo. A questi scritti fanno seguito altri ordini, sempre per la cappella, e pure sot- toscritti dal Marchesi. Infine il 3 Maggio 1602 si aggiungono ancora altri ordini da parte del Vescovo per dipingere la cappella. Per sfogliare il libro cliccare col mouse sugli angoli delle pagine e trascinare i fogli 477
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