Page 413 - Libro Sacro Monte di Varallo
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lavorazione valsesiana, ancor facilmente reperibile in zona presso qualche antica famiglia, o sul mercato antiquario locale. Gli affreschi: Procaccini, Moncalvo, Tanzio La cappella di Pilato che si lava le mani è una delle tre ideate e realizzate to- talmente dai d’Enrico: Giovanni per l’architettura e la scultura; Antonio, il Tanzio da Varallo per gli affreschi; Melchiorre per la collaborazione prestata ad entrambi i fratelli. Le altre due cappelle, già precedentemente incontrate, sono: quella della Prima presentazione a Pilato, al piano terreno dello stesso Palazzo, ma rivolta verso l’attuale Piazza dei Tribunali, cronologicamente anteriore alla Lavazione delle mani, e quello di Gesù condotto davanti ad Erode, di vari anni più tarda. In queste l’accordo, la rispondenza fra i vari aspetti, tra i vari elementi è più serrata, più piena, più completa, più felice che nella maggior parte delle altre cappelle del Sacro Monte. Solo nei misteri realizzati da Gaudenzio (quelli di Betlemme e la Crocifissione si era raggiunto un risultato altrettanto unitario di totale, perfetta armonia. Ma prima di giungere a questo esito così valido, si erano dovute superare varie difficoltà. Si è accennato in precedenza, per spiegare il lungo lasso di tempo intercorso tra l’erezione della parte muraria e l’esecuzione di quella figurativa, quale era stata la non facile scelta del pittore. Escluso il Morazzone, impegnato per la Condanna (1611-14), ma sempre in ritardo per condurre a compimento la sua opera secondo i termini stabiliti dal contratto, e già richiesto ed impegnato per altri importanti lavori lontano da Varallo, bisognava pensare ad altri. Melchiorre d’Enrico prestava il suo aiuto al fratello statuario; aveva, è vero, dipinto due cappelle, ma di modeste dimensioni (Gesù nell’orto ed i Discepoli dormienti”); era un’impresa troppo impari per lui affrescare il mistero di Pilato che si lava le mani, confrontandosi di conseguen- za con i due vicini capolavori morazzoniani dell’Ecce Homo e della Condanna. Così pure il Rocca tra il 1610 ed il 15 era ancora alle prime armi. Così lo zelante fabbricere del Sacro Monte, Gerolamo d’Adda, già fin dal 1613 si era dato da fare nell’ambiente milanese per trovare un pittore di fama per l’impresa tanto impegnativa, come riferisce nella sua particolareggiata rela- zione a monsignor Bascapè del 23 dicembre 1613 con le seguenti parole: “Starò anco aspettando il decreto di V.R.ma per la capella della lavatione de mani di Pilato per la quale e per quella della sententia ho apostato il s.r Camillo pro- Per sfogliare il libro cliccare col mouse sugli angoli delle pagine e trascinare i fogli 413