Page 351 - Libro Sacro Monte di Varallo
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con l’approvazione del disegno che gli era stato sottoposto dall’“artefice’’, cioè da Giovanni D’Enrico, dopo aver approvato di “cavar quella strada nel sasso”, cioè l’androne del Palazzo di Pilato nella roccia dell’antico Monte degli ulivi, il Vescovo commenta: «Così anche havremo la cappella della coronazione più spaziosa, nella quale vanno molte figure». È chiaro che si tratta solo dell’approvazione del dise gno, che la strada o androne è ancora tutta da cavare “nel sasso”, e che quindi, contrariamente a quanto scritto nella recentissima guida a cura dell’Assessorato ai Parchi Natu- rali del Piemonte, la cappella era ancora al di là da venire. Lo conferma espli- citamente anche il Vescovo usando il verbo al futuro ‘havremo”; quindi non c’era ancora. Che poi essa venisse ad inglobare i resti di un antico portico o atrio, come scritto nella stessa guida, risulta del tutto insostenibile, basandosi solo su di un’affermazione gratuita del Galloni a proposito della confinante Salita al Pretorio. Nessun documento ha mai fatto cenno ad un tale atrio, nessuna pla- nimetria antica del Sacro Monte lo raffigura, nessun disegno cinquecentesco lo ritrae. Quale funzione poi avrebbe potuto avere quel portico? Se si osserva invece attentamente la muratura del Palazzo di Pilato, si vede con estrema chiarezza che la struttura muraria della cappella non è costituita da un corpo di fabbrica preesistente ed inglobato nel nuovo, ma fa tutt’uno con il resto ed è in perfetta rispondenza e di perfetto supporto alla sovrastante parte della loggia che immette nella galleria di collegamento con la casa Valgrana al fondo della Piazza Maggiore. Verso la metà del 1608 la cappella, che come penso deve aver sfruttato in parte lo spazio già occupato fin dall’epoca del Caimi della Grotta dell’agonia e non un fantomatico preesistente portico, è ormai terminata dal punto di vista murario. Lo dimostra un documento. Nel minutario del notaio Barto- lomeo Peterro alla data 6 luglio 1608 si trova una convenzione tra i fabbri- ceri ed Anselmo del fu Francesco de Otina di Rassa (o Alesina secondo una successiva correzione) per affrescare entro un anno la “fazzata al rimpetto dei visitatori”, cioè la parete di fondo della Incoronazione di spine, «che sarà al piede della scala», cioè della Scala Santa. L’atto assume dunque un parti- colare rilievo perché afferma senza ombra di dubbio che in quel momento esisteva solo il vano destinato all’Incoronazione di spine, in muratura grezza, ma che le raffigurazioni tanto scultoree quanto pittoriche erano ancora to- talmente da realizzare. Il vano risultava per altro di dimensioni assai mo- Per sfogliare il libro cliccare col mouse sugli angoli delle pagine e trascinare i fogli 351