Page 193 - Libro Sacro Monte di Varallo
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presente Cappella per la somma convenuta di lire novecento imperiali». E così, come ovvio, dopo di lui, ripeterono le stesse notizie vari altri autori come il Cusa, altri invece rimasero fedeli al nome del Fiamminghino, altri anco- ra ricordarono solo più l’Avondo ed il Borsetti. Intanto però il Butler (1894) notava nell’interno della cappella un’iscrizione indicante che essa era stata «rimodernata» dal pittore Pietro Giovanni Nar- tessi nel 1715, ma osservava anche che «qualcuna delle figure del fondo sembra appartenere al pittore Testa che è nominato nel documento...» del 1590. Il Ro- merio poi (1911) risolve in modo molto semplicistico il problema Fiammin- ghino-Testa, ritenendo che il Testa si sarebbe servito per l’esecuzione dell’o- pera dei due fratelli Fiamminghini, senza rendersi conto che questi ultimi, per la fama assai maggiore che godevano non avrebbero mai lavorato in sott’ordine rispetto ad un modesto pittore di provincia. Queste in sintesi le notizie ripetute fino ad oggi per gli affreschi. Appare subito per lo meno molto strano che l’incarico di dipingere la cappel- la sia stato affidato al Testa e che poi l’opera sia stata invece eseguita dai Fiam- minghini come credette il Fassola e come si è per lo più ripetuto. L’allogazione, o convenzione col Testa venne stipulata dai fabbriceri France- sco Bertoglio e Giuseppe Gozzanelli con strumento rogato dal notaio varallese Giovanni Battista Albertino il 13 maggio 1590, stabilendo che «detto Testa debba dipingere il vaso della Cappella delle palme con buoni, et finissimi colori, et di figure condecenti conforme al misterio mettendovi oro, dove è bisogno, se- condo la proportione, et ornamento delle figure, et altri sfrisi (fregi) necessari!. Et detti fabbriceri paghino al detto Testa per la mercede et pretio delli colori, oro, et fatiche, L. 900 imperiali». Appare evidente che solo per qualche gravissimo motivo il pittore avrebbe potuto rinunziare all’impegno, tra l’altro onorifico e lucroso. Constatiamo poi che quando nel settembre del 1593 il vescovo Bascapè visita la cappella, lamenta che vi siano poche statue, raccomandando di aggiungerne altre, ma nulla dice per le pitture, segno dunque che erano già state eseguite ed apparivano decorose, ed erano trascorsi solo due anni e quattro mesi esatti dalla stipulazione del contratto col Testa. Tutto ciò fa ritenere inverosimile che in quel giro di tempo piuttosto limitato, dopo aver perfezionato un contratto con un maestro, lo si sia annullato, o il pittore lo abbia disdetto, si sia cercato un altro artista, il Fiamminghino che avrebbe dovuto evidentemente esser libero in quel momento, col quale stipularne uno nuovo, di cui nulla si sa, e che questo pittore abbia subito eseguito l’impegnativo ciclo, tanto da averlo già da tempo Per sfogliare il libro cliccare col mouse sugli angoli delle pagine e trascinare i fogli 193
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