Page 189 - Libro Sacro Monte di Varallo
P. 189
Gesù spogliato delle vesti. È certo possibile che cinque o sei anni dopo, qualcuno di questi tre maestri fosse ancor attivo nel cantiere del Sacro Monte, ed abbia realizzato l’edificio dell’Entrata in Gerusalemme, che non ha subito alterazione in epoca successiva. Per quanto poi riguarda la scena figurata, già esistente, come si è visto, nel 1583, si ha l’impressione che, non solo l’impostazione generale, come era pure avvenuto per altre cappelle, ma tutta la realizzazione, si sia basata con notevole fedeltà sul piccolo schizzo che illustra l’episodio nel «Libro dei Misteri». In- fatti identica è la disposizione del gruppo che si dirige da destra verso sinistra, uguale la figura del Cristo benedicente al centro sull’asina (solo che nel dise- gno inavvertitamente benedice con la sinistra), simile il passo dell’animale, così pure ripresa quasi alla lettera è la figura che stende a terra il mantello davanti al Cristo, simile pure la presenza dell’albero con il giovinetto che arrampicatovisi afferra o agita un ramo d’ulivo. Sono appunto le figure descritte con chiarezza nella guida dell’83: «El mansueto Re su l’asinelio... e chi stende il mantello, e chi osanna grida, e chi trova / coi rami in man...». Ma chi fu l’autore di queste statue in stucco, originariamente non più di una decina, poiché le altre figure «che accompagnan l’istoria» avrebbero dovuto, come consiglia anche il «Libro dei Misteri» venir solo dipinte sulla parete? Il Fassola nel 1671 fece per primo il nome di Giovanni D’Enrico, nome inso- stenibile per ragioni cronologiche oltre che stilistiche e tecniche usando sempre il D’Enrico la terracotta e non lo stucco. Lo seguirono tuttavia poco dopo il Torrotti (1686) e, come al solito, di seguito tutti gli altri compilatori di guide sino ai primi decenni dell’Ottocento. Solo nel 1829 le statue vengono assegnate a Fermo Stella, cosa insostenibile anche questa poiché lo Stella probabilmente non è mai stato scultore, come si è detto trattando di varie altre cappelle, poi perché quest’attribuzione è troppo tarda e non sorretta dal alcuna tradizione, ed infine perché verso il 1580 lo Stella doveva esser morto da almeno una quin- dicina di anni. L’anonimo compilatore della guida (ma in realtà il varallese Gio- vanni Antonio Chiara Sorini) dimostra però di essersi giustamente reso conto che la maggior parte delle sculture non era di epoca barocca, ma ancora di gusto cinquecentesco. Subito dopo anche il Bordiga (1830) nota la loro affinità con quelle della vicina Resurrezione di Lazzaro da lui assegnate allo scultore Bar- tolomeo Ravello, ossia Bartolomeo Badarello di Campertogno. Per cui dopo il Bordiga e fino ai nostri giorni, talora si è ancora fatto il nome di Giovanni D’Enrico, e più spesso quello del Ravello, o Badarello. Però quest’attribuzione, come le altre che riguardano il Badarello, sono tutte Per sfogliare il libro cliccare col mouse sugli angoli delle pagine e trascinare i fogli 189