Page 684 - Libro Sacro Monte di Varallo
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Musei Vaticani, quella, oggi fra i Dioscuri, nella Piazza del Quirinale, e l’altra, collocata da Papa Eugenio IV al centro della Piazza del Pantheon, modificata poi nel Settecento. Né si può dimenticare quella quattrocentesca antistante S. Maria in Trastevere , rielaborata da Giovanni Fontana all’inizio del Seicento. Ma la rispondenza più stretta e puntuale si avverte con la fontana che Inno- cenzo VIII fece erigere nel 1490 in Piazza San Pietro e che verrà modificata all’i- nizio del Cinquecento dal Bramante. Essa è nota soprattutto attraverso le attente riproduzioni che ne diede nei suoi disegni verso il 1536 Marten van Heesckerck. Data la sua collocazione e la sua recente realizzazione, doveva essere una delle più note ed ammirate di Roma. Era posta su tre scalini circolari, concentrici: quella di Varallo, stando alle guide del secondo Cinquecento, ne avrebbe dovuto avere quattro: “Per quattro gradi ogn’intorno s’ascende A questo fonte...” Su di essi si erge la grande coppa con una più piccola sovrapposta, proprio come avverrà al Sacro Monte. Per di più uno sgabello di pietra a forma di dado, situato sulla piattaforma, permetteva di raggiungere la vasca maggiore. Anche questo elemento ritorna, anzi, moltiplicato di numero al Sacro Monte. Erano infatti ben cinque come i cannelli dell’acqua, ridotti arbitrariamente a quattro dopo i restauri degli anni Ottanta del secolo scorso. Gli sgabelli e il catino decagonale E proprio questi sgabelli posti tutt’attorno, trovano un’evidente risponden- za nell’affresco della Disputa di Gesù con i Dottori alla Madonna delle Grazie ai piedi del Monte, con i più elaborati scranni dei vecchi saggi d’Israele, dipinta da Gaudenzio nel 1507, proprio quando veniva realizzata la fontana, mentre la piattaforma poligonale a due ordini di scalini e la sovrastante figura di Gesù giovinetto al centro della scena, trovano diretta rispondenza con gli scalini di base e la statua del Cristo risorto nella fontana della Piazza Maggiore sul Monte. Tutto porta ad una perfetta identità d’ideazione e di cronologia. Ed ancora uno sgabello in pietra, su cui siede San Pietro, ricompare identico a quelli della fon- tana nella Lavanda dei piedi sulla grande parete gaudenziana della stessa chiesa delle Grazie poco dopo (1512-13). L’elegantissimo catino maggiore decagonale (non ottagonale come spesso ripetuto) e monolitico, posto su di un’esile base, come la coppa di un calice, tradisce la mano di un artista più avvezzo a creare in pittura strutture architettoniche ardite, libere dal peso e dai limiti della ma- teria, che a tradurle nella realtà concreta. Infatti il grande catino decagonale, 684 Cappella - 44