Page 668 - Libro Sacro Monte di Varallo
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non solo sotto l’aspetto devozionale, ma anche per la sua originalità e per le opere d’arte che lo arricchiscono. A pochi anni dopo la sua realizzazione risale un disegno di alta qualità e di toccante intensità emotiva, ritenuto del De Grott (morto alla fine del 1712), e conservato nella Pinacoteca di Varallo, che raffigura S. Carlo genuflesso nel nuovo oratorio, davanti alla balaustra dell’altare, mentre viene avvisato dall’angelo della sua prossima morte. Geniale ed ardita è l’ubica- zione del mistico colloquio in questo nuovo e scenografico ambiente, che deve aver attratto l’interesse del pittore, ambiente certo di tutt’altro effetto rispetto al più umile ed anonimo andito d’ingresso al Santo Sepolcro, situato a pochi metri di distanza, e in cui in realtà avvenne il colloquio secondo la tradizione. Non molto tempo dopo, attorno al 1720-25, si sentirà l’esigenza di eseguire una riproduzione a stampa dell’oratorio, inquadrandolo frontalmente con al centro l’altare sovrastato dall’urna del Cristo deposto, sontuosamente ornata e con davanti, in primo piano, la balaustra marmorea, donata, come sappiamo, dai fratelli Alberganti, che occupa quasi completamente la campata centrale, de- limitando il presbiterio. Ai lati, nelle altre due campate, raffigurate di ampiezza un po’ ridotta, sono ben visibili: in quella di sinistra la porticina d’ingresso con i quattro scalini per scendere al sottostante piano dell’oratorio, ed in quella di destra, attraverso un’altra porta simmetrica, risaliti altri quattro scalini, un vano retrostante alla cella del Santo Sepolcro. In alto, al di sopra delle due arcate late- rali, compare a sinistra, entro ad un ovale, il ritratto di Don Giuseppe d’Adda, cui è dedicata l’incisione, ed in corrispondenza a destra lo stemma marchionale. In calce, la lunga, encomiastica didascalia dei tipografi eredi di Gerolamo Dra- ghetti, enumera tutti i titoli nobiliari e le benemerenze del marchese, conte e barone Giuseppe (vissuto fino al 1759), pure lui insigne benefattore del Sacro Monte, che avendo sposato nel 1705 Livia d’Adda, riunisce i due rami della casata, inoltre, essendo stato erede di Giovanni Salvaterra, ne assume anche il cognome dando origine alla stirpe dei d’Adda-Salvaterra.Vari decenni dopo la stampa di questa rara incisione, di particolare interesse anche sotto l’aspetto documentario, nell’interno dell’oratorio vengono sostituite le due colonne, ori- ginariamente in sarizzo, come ricorda il Galloni” per donativo, colle presenti di marmo verde di Cilimo” nel 1775, conferendo così un tocco di maggior son- tuosità al sacro ambiente ed uniformandole a quelle della monumentale tribuna alfieriana dell’altare maggiore della Basilica. Un nuovo intervento si verifica più avanti, ormai nella seconda metà dell’Ot- tocento, con la ristrutturazione e la sopraelevazione sul Santo Sepolcro, elimi- nando quanto ancora rimaneva degli umili ambienti abitati dal Caimi, per ri- 668 Cappella - 43