Page 563 - Libro Sacro Monte di Varallo
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gesto, verrà sempre messa in evidenza come il particolare più significativo e de- gno di attenzione e di ammirazione di tutta la scena figurata. Già il Cusa nel 1857 ne riprende la notizia aggiungendo: “ Lo si dice il ritrat- to di un Rimellese benefattore della cappella”. La fantasia galoppa, le notizie si ampliano: non solo più benefattore, ora anche rimellese! Non si dimentichi che il Cusa era appunto di Rimella. Nell’ultimo decennio dell’Ottocento l’argomento viene affrontato dal But- ler. Colpito dalla naturalezza dell’umile personaggio, colto dal vivo della vita di tutti i giorni, vero, ideale ritratto, anzi, personificazione, simbolo degli umili valligiani, egli denigra tutte le altre figure del mistero, giudicandole non del mi- gliore D’Enrico. Giunge a dire che la statua del vecchietto è forse “con ragione considerata come la più bella di quante esistono al Sacro Monte”. Con questa premessa il Butler, col suo solito entusiasmo per le opere del Ta- bacchetti, crede di potergliela assegnare, supponendo senza alcun valido appiglio che essa provenga dall’abbattuta Chiesa vecchia, ove avrebbe dovuto volgere lo sguardo verso la Madonna Assunta. Ne deriva che a ragione doveva trattarsi di un benefattore, ovviamente non della cappella della Deposizione. Aggiunge poi altre supposizioni nel tentativo di suffragare la sua tesi. All’inizio del Novecento, e precisamente nel 1913, il Romerio si limita a rife- rire la tesi del Butler come un dato risaputo. Sarà il Galloni l’anno dopo a dimostrare con ampiezza di elementi la totale mancanza di fondamento per le ipotesi dello scrittore inglese, basandosi anzi- tutto sulla distinta delle opere del D’Enrico nel 1640, che cita sedici statue nella cappella, così come sono ancora oggi, compreso quindi già anche il vecchietto. Osserva inoltre che “la statua non è perfettamente finita se non nelle parti che si possono esaminare guardando” dall’esterno. Ne consegue che venne eseguita appositamente per quella collocazione. Assai più tardi, nel 1960, Emilio Contini ritorna sull’argomento con alcune aggiunte. Precisa che secondo la tradizione il vecchietto sarebbe il ritratto di un pastore di Rimella, proprietario di un appezzamento di terreno sul Sacro Mon- te, ove portava il gregge. Evidente l’incongruenza di siffatta tradizione, non ri- sultando dalla fondazione stessa del Sacro Monte in poi che qualche privato fosse rimasto per un secolo e mezzo proprietario di un terreno super parietem. Qualche documento ne avrebbe accennato, sarebbe certo sorto un contenzioso con i fabbricieri o i frati, i vescovi nelle visite pastorali lo avrebbero evidenziato come un elemento di grave disturbo nell’unità del complesso sacro. Il Contini aggiunge però che nel 1871 don Mario Mortaretti in una lettera del 10 giugno, Per sfogliare il libro cliccare col mouse sugli angoli delle pagine e trascinare i fogli 563