Page 518 - Libro Sacro Monte di Varallo
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trasformazione. Sempre sul lato verso mezzanotte, si modifica la ormai più che secolare copertura della scala gaudenziana, creando per un certo tratto, al posto del tetto, una finta loggia a due arcate, addossata alla parete della cappella del Calvario, evidentemente per proteggerla dalle intemperie sul lato rivolto verso mezzano, e creando nello stesso tempo come una continuazione, con angolo di novanta gradi, alla loggia vera, antistante alla nuova cappella della Deposizione dalla croce. Lo si può constatare con molta evidenza nella celebre veduta del Sacro Monte incisa dallo Sceti nel 1671 e in varie vedute successive, fino al pri- mo Ottocento. Tra di esse quella assai precisa del Nicolosino e dell’Arghinenti, raffigurante la Piazza Maggiore, pubblicata nel 1825. Ciò è poi confermato dalle planimetrie del Sacro Monte ad iniziare da quella dell’architetto Massone del 1772, poi da quella successiva di Giuseppe Marchini del 1816 e ancora da quelle più tarde e da questa derivate, ma ormai non più corrispondenti alla realtà, dei volumi del Cusa (1857) e dell ‘Arienta (1866). Dopo i drastici interventi operati dal d’Enrico con l’affiancamento delle due nuove cappelle a quella gaudenziana tra il 1632 e il 40 circa che aveva stravolto radicalmente il complesso gaudenziano del Calvario, la situazione rimarrà inva- riata per due secoli. Le vicende dell’architettura nei secoli XIX e XX Nei primi decenni dell’Ottocento si lamenta sempre più il lento deperire de- gli affreschi di Gaudenzio nella cappella del Cristo in croce a causa dell’umidità, oltre che degli sfregi, come fa notare il Bordiga nella sua storia e guida del Sacro Monte nel 1830. Per ovviare in parte a questo degrado e per ridare la dovuta preminenza a questa cappella, il capolavoro di tutta la Nuova Gerusalemme va- rallese, rispetto alle due laterali seicentesche, essa viene sopraelevata di un piano, in cui vengono praticate delle finestre per areare lo spazio – intercapedine così ottenuto tra la copertura originaria gaudenziana in coccio-pesto e il nuovo tetto a padiglione in beole, in modo da eliminare la pioggia diretta, il depositarsi della neve e l’umidità che di conseguenza penetrava attraverso l’antica copertura. La data di quest’impresa purtroppo non è nota finora con esattezza, ma si colloca nel ventennio che va dalla veduta disegnata dal Nicolosino e incisa dall’Arghinenti (1825) e quella di Lorenzo Rovere (1847), in cui risulta già at- tuata. Considerando quanto scritto dal Bordiga nel 1830, si potrebbe pensare ad un’attuazione dell’opera qualche tempo dopo il 1830. Con ancor maggiore probabilità la sopraelevazione deve essere avvenuta poco prima del 1840, quando si interviene per la “riformazione e l’aggiustamento 518 Cappella - 38
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