Page 420 - Libro Sacro Monte di Varallo
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personaggi posti nella zona più bassa, l’ultima ad essere eseguita, mi sembrano logicamente da porre verso la fine del 1619 - inizio del 20. Allo stesso 1620 devono risalire le grate lignee e le vetrate piombate a chiude- re la cappella ormai ultimata. Veri capolavori di intaglio seicentesco sono le due notevolissime grate in noce, eseguite con grande eleganza, sontuoso senso decorativo, fantasia di moti- vi e maestria ammirevole. Tradizionalmente vengono ritenute opera del varal- lese Gaudenzio di Bartolomeo Ravelli padre dell’altro Bartolomeo statuario ed architetto, collaboratore di Giovanni d’Enrico. Sopra le grate, a dar luce all’interno della cappella ed a chiudere le lunette de- gli archi, sono collocate le vetrate, saldate a piombo a riquadri rettangolari, con gli spigoli tagliati diagonalmente, in modo di contenere agli angoli un piccolo vetro a forma di rombo. L’artigiano vetraio loro autore, a cui certo si devono varie altre vetrate di cappelle del Monte, è Gerolamo Rocca di Roccapietra, molto probabilmente fratello del più celebre pittore Cristoforo. Il conto del lavoro ormai ultimato, reca la data del 22 maggio 1621. In esso il Rocca specifica di aver fatto: “le invi- driate tutte del mio, una alla prima Cappella del Palazzo di Pilato che è divisa in tre vidriate, l’altra è al detto Palazzo cioè alla Lavacione delle mani divisa in quattro parti che sono in tutto brazza quarantacinque a cinque lire il brazzo che importa lire 200,25”. Oltre al loro pregio di artigianato artistico, alla fragilità ed all’antichità, al fatto di avere una documentazione sicura, queste vetrate rivestono anche un particolarissimo interesse per i graffiti che su di esse furono incisi come ricordo di vari visitatori, talora nordici, già fin dai primi anni dalla loro messa in opera, testimonianze di notevole interesse di cui si occupò il compianto amico Alberto Bossi, or è poco più d’un decennio. Nei suoi trecento ottanta anni di storia la cappella dovette richiedere più di una volta degli interventi restaurativi, soprattutto in questi ultimi due secoli. L’alto grado di umidità di cui ha sofferto nel corso dei tempi, determinò già nel 1885 l’esigenza di eseguire lo strappo di una porzione di affresco, ricollocato poi in loco, nella parete di fondo a sinistra, per opera dello Steffanoni di Ber- gamo. Ma negli anni Settanta del nostro secolo per le precarie condizioni del tetto si erano verificati gravi danni agli affreschi, non solo della volta, ed anche ad alcune statue. Usufruendo del cospicuo lascito dell’ingegner Carlo Felice Bona alla Società Piemontese d’Archeologia e Belle Arti per opere di restauro del patrimonio 420 Cappella - 34
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