Page 392 - Libro Sacro Monte di Varallo
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del 1608 - inizio del 1609 ed il 10, là venne composta tra il 1615 ed il 16 per la Prima presentazione ed addirittura più di venticinque anni dopo per la seconda presentazione, cioè attorno al 1635. Nell’Ecce Homo ci si trova dunque di fronte ad un primato assoluto. Anzi, in nessun’altra cappella dei Sacri Monti, non solo di quello di Varallo, ma neppure di Crea, Oropa, Orta, Varese, ecc., si troverà un’altra simile e così grandiosa presenza architettonica entro un sacro mistero. Ad Oropa, nella cappella delle Nozze di Cana, finanziata dalla comunità di Lessona, anch’essa dovuta al d’Enrico per la parte figurativa, ma di trent’anni più tarda, si incontrerà un balconcino, sulla parete di fondo, per l’orchestra, ma sarà appena un pallido, modesto e quasi ingenuo ricordo dell’ampio e solenne loggiato varallese, svilito ancor più oggi dalla mancanza totale di un contesto, di un supporto architettonico dipinto sulla stessa parete, al quale avrebbe dovuto essere collegato il balconcino, come elemento centrale e di più alto prestigio, mentre invece appare come appeso a mezz’aria su di una parete anonima dalla tinteggiatura banale, neutra ed uniforme. Il fondale architettonico La soluzione ardita e felice adottata nella cappella dell’Ecce Homo con la sua struttura articolata e dinamica che dalla parete di fondo si protende in avanti, verso il centro dell’aula, quasi verso il riguardante, ad accostargli maggiormente la figura del Cristo martoriato, è l’elemento fondamentale di collegamento tra i due piani su cui si svolge l’azione; è l’impalcatura della scena stessa; è la strut- tura che dà tono aulico e solenne a tutto il vano; è un fondale di sorprendente effetto; è architettura ed arte plastica ad un tempo, cosicché le due arti si legano, si fondono, si completano a vicenda. Così come è concepito il fondale architettonico, viene a costituire il nucleo, la zona centrale, la più nobile e qualificata di una facciata d’un solenne palazzo del tardo manierismo (che qui rappresenta il Pretorio di Pilato) ed accentua la profondità prospettica - illusionistica del vano, grazie allo sfondo chiaro di un edificio marmoreo al di là di un vasto e soleggiato cortile. Ma mi è ben difficile, anzi per ora impossibile, trovare un vero esemplare che lo preceda nel tempo ed a cui lo scultore-architetto-scenografo abbia potuto ispirarsi. Esempi posteriori se ne troveranno invece tanti. Ed è anche questo un grosso primato del d’Enrico. 392 Cappella - 33