Page 276 - Libro Sacro Monte di Varallo
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Anna, sarebbe stato naturale farla subito rifare dall’artista, e nel secondo caso non si capirebbe perché lo scultore avrebbe dovuto eseguire proprio per ultima l’immagine del personaggio di cui porta il nome la cappella, cioè di uno dei due più importanti, anzi stando alla logica lo avrebbe dovuta modellare proprio tra le prime. Molto più probabile appare l’ipotesi che la statua possa essere andata rovinata nei venticinque anni in cui tutte le sculture attesero di venir sistemate. La mancanza di notizie ci impedisce di saperne di più. L’unica cosa certa è che, terminato l’edificio ed eseguite le statue in terracot- ta, quindi attorno al 1740, l’opera rimare sospesa per più di un ventennio. Solo nel 1763 le statue furono disposte da Elia Bussi, venuto apposta da Milano. Permane l’enigma se le statue fossero allora diciotto o diciannove. Se il Tan- tardini aveva eseguito anche quella di Anna e non era andata distrutta prima, venne rovinata forse proprio nei lavori di collocazione? Oppure, come era già avvenuto altre volte in passato, non piacque e non la si volle porre in loco? Tutti interrogativi che per ora non possono trovar risposta. Mancava a questo punto ancora tutta la parte pittorica. Si erano forse esaurite momentaneamente le offerte della comunità dei Val- sesiani abitanti a Torino? Probabilmente si. Tentativi di completare la cappella dovettero tuttavia esservene. Infatti ve- niamo a sapere, dalle notizie che il Lana nel 1840 ci dà sui pittori Peracino di Cellio, che Lorenzo e suo figlio Giovanni Battista «dovevano pur anche istoria- re le pareti, e formar le statue della cappella d’Anna, sul S. Monte di Varallo; che poi per rigiri fu data a dipingere a Sigismondo Betti fiorentino. Però il Santuario dovette pagarne il disegno, che ancora è conservato nello studio di famiglia». È dunque chiaro che, sospese le offerte dei Valsesiani di Torino, il Santuario dovette prendere ad un certo punto, probabilmente verso il 60, l’iniziativa di completare il mistero, affidando l’incarico di eseguire gli affreschi e di dipingere le statue (ovviamente non di modellarle come dice il Lana, dato che erano già state eseguite dal Tantardini vari anni prima, salvo però quella di Anna) e si ri- volse ad un artista valsesiano tra i più in vista in quel momento (con il Borsetti e l’Orgiazzi), esperto anche in scultura oltre che nell’affresco e nella scenografia, cioè al Peracino, coadiuvato dal figlio. Egli infatti aveva già lavorato al Varallino presso Galliate, eseguendo vari gruppi statuari in terracotta tra il 1748 ed il 52 (vi tornerà per gli affreschi verso il 69 e poi ancora nell’80), e ciò evidentemente lo aveva messo in vista per affi- dargli un compito di cosi notevole importanza sul Sacro Monte. Ma i Valsesiani residenti a Torino, come già per la parte scultorea, dovevano 276 Cappella - 24