Page 223 - Libro Sacro Monte di Varallo
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metria della Raccolta Ferrari, che si riferisce solo alla pianificazione della parte centrale del Monte. L’Agonia nell’orto si trovava dunque nella zona dove ora si apre il grande arco di collegamento tra la Piazza Maggiore ed il sottostante Piazzale della ex Stazio- ne della Teleferica, e quindi anche assai vicino al vano oggi occupato dall’Incoro- nazione di spine entro il Palazzo di Pilato. Le statue di questo mistero erano due come oggi e come in tutta la tradiziona- le iconografia di tale soggetto: quella di Cristo inginocchiato e quella dell’Angelo reggente il calice. E dalle premesse alle guide del 1566 e 1570 veniamo a sapere che «Christo in oratione in una grotta» era opera di Gaudenzio; per cui di Gaudenzio, o almeno della sua bottega, doveva ovviamente essere anche l’An- gelo. Ma il Fassola, ricordando che S. Carlo soleva devotamente pregare presso l’Agonia nell’orto, afferma che «L’angiolo d’ali’hora» era di legno. Pare dun- que logico dedurre che doveva essere di legno anche la statua del Cristo, e che le due figure gaudenziane di conseguenza, essendo di legno, dovevano risalire alla seconda fase di attività del Maestro sul Monte, immediatamente successiva a quella dei manichini rivestiti di stoffa, ossia alla fine del primo decennio del Cinquecento, attorno al 1510-14, quando venne scolpito l’asino del Presepe, prima cioè che con le altre statue dell’Adorazione dei pastori e gli stucchi della gran parete affrescata alla Madonna delle Grazie (1512-13) Gaudenzio abban- donasse, salvo rari casi, l’uso del legno per passare a quello della terracotta. Se ne deve dunque dedurre che la grotta, risalente al Caimi, rimase vuota in un primo periodo, rievocando solo il luogo dell’Orazione nell’orto, come penso fosse l’originaria intenzione del fondatore (come del resto dovette avvenire per la Grotta di Nazaret o dell’Annunciazione e per quella di Betlemme o della Na- tività), e solo in un secondo tempo, morto ormai da alcuni anni il Caimi, venne occupata dalle due statue. Nessun sostanziale mutamento dovette subire il mistero lungo il secolo XVI, ma nella guida del 1566 già ci si lamenta della sua ubicazione divenuta ormai incongrua nel contesto di un percorso organizzato non più secondo un criterio topografico, ma cronologico. E l’«ottava» che precede quella che illustra il fat- to evangelico ne sottolinea, anche se la giustifica, la collocazione ritenuta illogi- ca. Doveva però trattarsi di una raffigurazione di forte effetto, infatti, sempre la guida del 66 commenta: «E un loco tal che ben fia maraviglia Se di pianto non bagni ambe le ciglia». Appare chiaro che l’atmosfera della grotta doveva risultare quanto mai sug- Per sfogliare il libro cliccare col mouse sugli angoli delle pagine e trascinare i fogli 223