Page 135 - Libro Sacro Monte di Varallo
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ta, anche se liberata dal protiro originario, potevano convogliare luce sufficien- te sulla scena posta al di là della bella grata lignea intagliata. Forse proprio per questa ragione il Fassola credettte di poter individuare la mano di Melchiorre d’Enrico negli affreschi poco visibili, determinando quell’equivoco durato fino ad oggi. Si dovette quindi nel tardo Seicento pensare di rendere più luminoso l’interno ingrandendo l’apertura di facciata. Si giunse così alla felice soluzione di aprire le tre ariose arcatelle che costituiscono il caratteristico motivo domi- nante tutta l’architettura del tempietto, riecheggiante i ritmi gaudenziani della celebre chiesetta di Loreto alle porte di Varallo, con un varco maggiore al cen- tro, affiancato da due più piccoli, sorretti però non da una sola colonna, ma da colonnine binate poggianti su di un unico plinto. Vennero allora di conseguenza murate le due porte sulle pareti laterali. Il ri- sultato di effetto molto gradevole, che conferisce un volto nuovo a tutta la co- struzione, permise di poter gustare meglio la scena sacra ricca di tanti elementi curiosi. Ma il provvedimento, come si è visto, dovette venir attuato piuttosto tardi. Infatti nella veduta del Sacro Monte incisa dallo Sceti nel 1671, (l’anno di pubblicazione anche dell’opera del Fassola) e nelle varie repliche la ristrut- turazione non risulta ancora avvenuta, per cui se ne deve dedurre che sia stata attuata solo negli ultimi decenni del Seicento. Anche la decorazione a losanghe dei plinti reggenti le colonnine binate, riporta a quell’epoca. Per trovare però la prima testimonianza sicura della cappella ridotta alla forma attuale bisogna scendere fino alla planimetria del Sacro Monte eseguita dall’architetto Massone circa un secolo dopo, nei 1772. Forse dello stesso secolo sono i vivaci ed arguti medaglioncini a monocromo nei sottarchi e lungo i tagli dei muri, opere di prestigio, anche se per ora di au- tore sconosciuto, mentre le grottesche molto raffinate di gusto pompeiano che li circondano sembrano di epoca posteriore risalente alla prima metà dell’Otto- cento. È certo che sulle pareti dell’atrio compare più di uno strato di pittura: sotto forse ancora quella originaria dell’Alfano, ed al di sopra dei rifacimenti presumi- bilmente ottocenteschi. Tali appaiono le due figure allegoriche sedute, in terra verde, ossia monocrome, sul lato destro, raffiguranti forse la Penitenza e la Mor- te, che ricordano il modo di fare del varallese Andrea Bonini, autore di varie altre composizioni in chiaroscuro al Sacro Monte negli ultimi anni dell’Ottocento, come nella cappella di S. Francesco ed in quella di S. Giuseppe nella Basilica. Cosi, dopo tante, intricate vicende, la cappella raggiungeva la sua fisionomia definitiva che ammiriamo oggi e che la rende una delle più interessanti ed attra- Per sfogliare il libro cliccare col mouse sugli angoli delle pagine e trascinare i fogli 135
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