Page 133 - Libro Sacro Monte di Varallo
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nella sua bottega e quindi sotto la sua direzione, o dal fratello Melchiorre, che fu anche suo collaboratore in scultura, o dall’allievo Giacomo Ferro. Si completava cosi quel mitico “deserto”, popolato da un vero, piccolo serra- glio, che rientrava nel gusto estetico e spettacolare dell’epoca per il suo elabora- to manierismo, basti pensare alla celebre grotta con i tre gruppi di animali d’o- gni genere del Giambologna nel giardino della villa di Castello a Firenze, gusto che al Sacro Monte aveva già dato un’analoga testimonianza nella cappella di Adamo ed Eva e traeva la sua ispirazione dai favolosi “bestiari” medioevali e dalle notizie derivanti dalle recenti scoperte geografiche di lontani continenti. Ma intanto erano stati eseguiti anche gli affreschi. Come già si è accennato, infatti il 17 aprile 1599, con atto rogato dal notaio Giovanni Battista Albertino di Varallo, essendo testimoni Gaudenzio Ravello e Giovanni Tabacchetti, veniva dato l’incarico di dipingere la cappella al pittore Domenico Alfano di Perugia. Tutta la tradizione però, ad iniziare dal Fassola (1671) ha sempre assegnato questi dipinti a Melchiorre d’Enrico il Vecchio, fratello dello statuario Giovan- ni e del Tanzio. Il che è in aperto contrasto con il contratto stipulato, come si è visto, con l’Alfano. Bisogna inoltre tener presente che l’11 febbraio 1600 insieme al fratello Antonio (il celebre Tanzio) Melchiorre ricevette dal pretore di Valsesia il salvacondotto per potersi allontanare dalla valle. Sembra dunque estremamente difficile, per non dire impossibile, che nello spazio di appena die- ci mesi, egli, a cui non era stato affidato l’incarico di dipingere la cappella, abbia invece compiuto l’opera. Pare ovvio che se l’avesse dipinta lui l’avrebbe dovuto fare a seguito di un altro contratto a noi sconosciuto e di epoca posteriore, cioè dopo il suo ritorno in valle, che non sappiamo quando sia con esattezza avvenu- to; la cosa sembra dunque estremamente improbabile. In una lettera poi, molto più tarda, del 1633, inviata da Melchiorre al Vicario Generale della diocesi di Novara per chiedergli il permesso di finire gli affreschi della cappella di S. Francesco nella collegiata di Borgosesia, lasciati interrotti dal Tanzio, morto da poco, e per chiedere il permesso di poter svolgere la sua opera in tutta la diocesi, egli ricorda fra l’altro di aver dipinto “tre capelle osiano Mi- sterii» sul Sacro Monte. E le tre cappelle sono: quella della Cattura, affresca- ta nel 1619, i Tre discepoli dormienti (rinnovata poi nel secolo scorso) e quella dell’Orazione nell’orto, come ricordano molti autori, rifatta però con dipinti dell’Orgiazzi verso il 1776-80, e nuovamente dal Morgari nel secolo scorso. Re- sta perciò esclusa quella della Tentazione. In fine lo stesso stile dei dipinti della cappella, molto descrittivo e minuto, un Per sfogliare il libro cliccare col mouse sugli angoli delle pagine e trascinare i fogli 133