Page 597 - Libro Sacro Monte di Varallo
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mancante di una vera unità corale. Le figure femminili rivelano un’esecuzio- ne accurata, accademicamente corretta nell’ambito dell’imperante tradizione canoviana; quasi un omaggio al grande maestro scomparso proprio nel 1822. Esse si rivelano assai più felici ed aggraziate rispetto a quella maschile di estrema destra, stonata ed impacciata, tanto da creare uno stridente contrasto. Ciò nonostante il gruppo, contraddistinto da una decisa innovazione di ten- denza nettamente neoclassica, costituisce l’apporto più importante in campo scultoreo di tutto l’Ottocento sul Sacro Monte. In ambito varallese l’opera dovette trovare un discreto favore, tanto che, die- ci anni dopo, Luigi Marchesi venne richiesto per l’esecuzione del busto marmo- reo di Gaudenzio Bordiga, il primo in ordine cronologico di tutta la serie dei Valsesiani benemeriti, che ornano il salone della Società d’Incoraggiamento allo Studio del Disegno. Esso fu anche una grossa novità essendo il primo esemplare di scultura in marmo in tutta la città di Varallo, che nei decenni successivi si sarebbe arricchita di tante altre pregevoli opere marmoree. Gli affreschi di Pier Celestino Gilardi A differenza di quasi tutte le altre cappelle dotate fin dai primi anni di famosi cicli pittorici, quella di Gesù avvolto nella Sindone rimase per secoli senza dipinti parietali a completare e dilatare la scena in scultura. Infatti solo nella Grotta di Betlemme l’Adorazione dei pastori non presenta delle pitture, raffigurando una grotta, mentre invece la nicchia della Natività era dipinta di azzurro (ancora in parte visibile una trentina di anni or sono) ad imitazione del mosaico dello stes- so colore che nella Basilica della Natività di Betlemme rivestiva la piccola abside. Qui al Sacro Monte già il Fassola nel 1671 specifica che la cappella di Gesù de- posto nel sudario era “senza pittura alcuna”, quasi ad evidenziarne l’anomalia. Tutti gli altri successivi compilatori di guide mai accennano a dei dipinti. Solo il Bordiga nel 1830 scrive che “L’interno finge una piccola grotta”. Ma si riferisce alla struttura irregolare del vano o ad una vera decorazione imitante delle rocce? In questo secondo caso verrebbe da supporre che due o tre anni prima il Boccioloni, od un suo aiuto, quando dipinse le statue, avesse somma- riamente colorito le pareti ad imitazione di una grotta, tanto per non lasciarle squallide e spoglie. Una trentina di anni dopo però (1857—1863) la guida del Cusa e più tardi ancora quella del 1880 e le sue ristampe, nella raffigurazione della cappella presentano uno sfondo raffigurante la grande roccia del Sepolcro al centro ed una veduta di Gerusalemme verso sinistra. Nel 1913 il Romerio nell’ illustrare la cappella scrive: “Gli affreschi riproducenti Gerusalemme sono del Per sfogliare il libro cliccare col mouse sugli angoli delle pagine e trascinare i fogli 597
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