Page 536 - Libro Sacro Monte di Varallo
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celeste, non ha esempi che vi si possano accostare nella storia della pittura in periodi precedenti. Solo con affreschi del Correggio in San Giovanni Evangelista a Parma (1520- 23), quindi perfettamente coevi a quelli di Gaudenzio sul Calvario, seguiti poco dopo (1526-30) da quelli del Duomo parmense, sempre del Correggio, si in- contrano soluzioni analoghe. Verrà quindi in campo mitologico l’Olimpo nella Sala dei Giganti, su Cartoni di Giulio Romano nel Palazzo Te a Mantova, che avrà vastissimo seguito in età manieristica e barocca. Gli angeli dolenti che roteano e fanno capolino nelle pose più varie ed im- prevedibili fra le nubi, preannunzio del coro fittissimo della cupola di Saronno, costituiscono anch’essi un unicum tanto che già nell’Ottocento vennero minu- tamente scritti in un apposito capitolo nel volume del Bordiga e del Pianazzi. Poi, al di sotto dei brevi ed idilliaci inserti paesistici di monti, di rocce, di verdeggianti prati e alberi e di alcune presenze architettoniche, è nella folla che l’esempio creativo di Gaudenzio si scioglie con la più varie travolgente immagi- nazione. È uno squarcio, o meglio, una sintesi superba e grandiosa dell’umanità cono- sciuta dal maestro nei primi decenni del secolo XVI. La folla di persone e di animali Oltre ai gesti, ai sentimenti, alle passioni (i leonardeschi moti dell’animo), che agitano uomini, donne, bambini, soldati e cavalieri, molti sono gli aspetti degli usi e dei costumi di quel tempo nell’Italia settentrionale che emergono da quella marea umana. Già si è accennato alle armi da fuoco di recente invenzione, e da quelle da ta- glio, esibite in primo piano, alle armature sontuose e varie (elmi, corazze, scudi delle più diverse fogge), che costituiscono veri documenti, rari e preziosi, per gli esperti di armi antiche. Ma sono i costumi, le stoffe operate e di pregio, non solo le umili mezze-lane valsesiane, i turbanti, gli ornamenti delle donne, i copricapo, i mantelli e le cal- zature dei pellegrini, gli abiti dei bimbi, i variopinti e complessi indumenti dei soldati, che diventano testimonianze preziose, una vera miriade di dati per gli studiosi di storia della moda e dei costumi, nonché del vestiario degli armigeri. Valga tra tutte quella dell’imponente soldato a gambe divaricate nel primo trat- to della parete destra, dall’abito che non si può chiamare “uniforme” in senso etimologico, ma al contrario veramente “divisa”, perché composta in quattro parti di vari colori, come i campi di un blasone nobiliare. 536 Cappella - 38