Page 183 - Libro Sacro Monte di Varallo
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innocenti trucidati, sempre in seguito alla visita del vescovo Bascapè. Il secondo si verificò invece, come già si è detto, per le due statue di Adamo ed Eva. La figura di Gesù infine, come abbiamo ripetutamente ricordato, che faceva par- te del primo gruppo delle statue in stucco, perché quasi completamente sgreto- lata, venne rifatta nel 1893 dal varallese Carlo Vanelli ad imitazione di quella originaria. Ciò nonostante risulta profondamente diversa come spirito. La testa un po’ sproporzionata rende tozza e poco felice la figura; i panneggi rivelano un modellato profondamente diverso da quello delle altre statue, non privo di un certo impaccio, meno sicuro ed essenziale, più minuto, slegato e dispersivo, a danno di una vera capacità di sintesi. Non molto diverso dal problema riguardante la paternità delle sculture è quello che si riferisce agli affreschi. La decorazione pittorica è sontuosa e so- lenne; l’ambiente, ben lontano dal rievocare l’interno di un’aula sepolcrale si presenta come uno sfarzoso salone o un vasto atrio con ampie, illusionistiche e profonde prospettive intervallate da pilastri scanalati reggenti una ricca trabea- zione ornata da un fregio in cui si alternano mascheroni e cartigli mistilinei con- tenenti raffigurazioni in monocromo che meriterebbero di essere attentamente analizzate. Tutto rivela un’aulica fastosità di gusto tardo manieristico piuttosto inconsueta nel timido e provinciale Gian Giacomo Testa. A lui più vicina appa- re invece la vasta folla che urge d’ogni parte assiepandosi tumultuante con una varietà di gesti, di espressioni, di costumi, di barbe, di manti, di turbanti, che rivela nell’artista lo sforzo costante di superare se stesso, quasi di strafare, di dar prova di tutte le sue possibilità e capacità. Non mancano a completare l’insieme alcuni efficaci ritratti che qua e là spun- tano tra la folla anonima, ma sempre ricca di una forte caratterizzazione. Vi sarà tra essi anche l’autoritratto del pittore o almeno il ritratto di qualche ignoto mecenate? Come si è visto, nulla è stato detto dell’autore dai vari compilatori di guide del Sei e Settecento, e privo di base è il nome di Fermo Stella che compare solo nel 1829. Più plausibile invece è quanto dice il Bordiga nel 1830: «Questa cap- pella fu terminata nel 1582... mentre era fabbricere Lorenzo Testa, fratello del pittore a cui si voglion dare questi dipinti». Purtroppo le uniche opere sicure del Testa firmate e datate sono dei quadri su tavola o su tela, mentre gli affreschi a lui assegnati sono solo tarde attribuzioni non documentate, come gli affre- schi della cappella della Samaritana che ci paiono suoi e quelli del Figlio della vedova di Naim che più probabilmente devono essere dell’Alfano di Perugia. Resta pertanto impossibile dire una parola definitiva sulla paternità dei dipinti Per sfogliare il libro cliccare col mouse sugli angoli delle pagine e trascinare i fogli 183
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