Page 45 - Libro Sacro Monte di Varallo
P. 45
supporre che anche la statuetta vista a Valduggia dal Cusa, più che un eventuale modellino in terracotta di Gaudenzio, sia stata anch’essa una delle varie repliche di ignoto autore a cui accenna il Romerio). Finalmente nel 1914 il Galloni confuterà in modo pienamente convincen- te la tradizionale attribuzione delle statue al Tabacchetti ed i ragionamenti del Butler per dimostrare invece che, sia per ragioni stilistiche che cronologiche, autore ne fu Giovanni D’Enrico. Ma, come si è visto, per molti anni ancora resisterà la vecchia, tradizionale attribuzione. Ora, dopo quanto abbiamo cercato di dimostrare, possiamo ritenere le tre statue del Primo sogno di S. Giuseppe, tra le prime eseguite dal D’Enrico sul Sacro Monte dove iniziò la sua attività di statuario attorno al 1605, quasi con- temporaneamente quindi ai gruppi dell’Orazione nell’orto, dei Discepoli dor- mienti e della Coronazione di spine, quasi certamente subito prima della grande impresa dell’Ecce Homo con le sue quaranta statue. Certo si tratta delle più alte ed ispirate che il grande maestro alagnese abbia modellato in questo primo periodo. La regale figura dell’Angelo si impone per il gesto solenne e misurato, per la ricca complessità dei panneggi, per la grandiosità dell’impostazione che ne fa dominare idealmente tutto il piccolo vano, quasi a farlo vibrare con il suo divino messaggio. Ma sono soprattutto le due statue della Vergine e di S. Giuseppe le più ca- riche, fin nelle più intime fibre di una verità impressionante e della intensa e profonda umanità del D’Enrico. La Madonna che cuce, sempre tanto esaltata per la spontaneità della posa, e certo memore ancora di intime suggestioni gaudenziane, umile contadinella valsesiana, sembra quasi imporsi un’attenzione ed una concentrazione del tutto particolari per nascondere e sviare il suo cocente dramma interiore. Giuseppe pare a sua volta colto più che nel riposo del giusto, nella posa di chi vuol dare l’impressione di un sonno sereno, mentre in realtà medita profonda- mente sui gravi pensieri che lo turbano. Domina la scena un profondo silenzio carico di tensione, forse ancor più accentuato dell’estrema, quasi elementare semplicità della regia. Tutto il gruppo, già restaurato nel 1969 da Ines Pignoni, venne poi, (caso unico ed irripetibile) smontato e trasportato a Milano ove fu esposto alla mostra del Seicento Lombardo a Palazzo Reale nel 1973. Per quanto si riferisce alla decorazione pittorica della piccola cappella, nulla ci hanno detto le antiche guide, come già per le sculture. Anche in questo caso è solo nel 1779 che per la prima volta compare il nome del Luini, ripreso come di Per sfogliare il libro cliccare col mouse sugli angoli delle pagine e trascinare i fogli 45
   40   41   42   43   44   45   46   47   48   49   50