Page 172 - Libro Sacro Monte di Varallo
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Giovanni: «Veggonsi sollevate in aria le statue di Gesù trasfigurato, di Mosè ed Elia, lavorate da Pietro Francesco Petera di Varallo; e sul monte quelle de’ tre discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni, opera di Giovanni D’Enrico, Appio del monte vi sono altre statue in numero di quattordici fabbricate da Gaudenzio Soldo Valsesiano, nativo di Camasco, terra vicino a Varallo, allievo di Dionigi Bussola Milanese. Ho detto che le statue de’ tre discepoli situati sul monte sono di Giovanni D’Enrico sull’asserzione del Torrotti nella sua Nuova Gerusalem- me pag. 74, ed anche perché il Museo Novarese di Lazzaro Agostino Gotta par- lando del Soldo pag. 291, num. 696, dice essere stato questi autore soltanto di alcune statue poste nella Cappella del Taborre, e finalmente perché la bellezza di queste tre statue sembra superiore alle altre situate appiè del monte, e parmi di leggere in fronte ad esse la perita mano di Giovanni D’Enrico. Quale però sia la verità, poco conta». Tali attribuzioni sono state spesso ripetute sino ad oggi nonostante che col Bordiga (1830) scompaia il nome del D’Enrico, riducendosi la paternità delle statue al Petera ed al Soldo al quale già venivano in parte assegnate nel 1701 dai Cotta. Ciò verrà ribadito dal Butler, che riconoscerà impossibile per ragioni cronologiche sostenere la presenza di opere di Giovanni D’Enrico nella cap- pella. Ciò nonostante il Galloni (1914) credette di poter assegnare a Giacomo Ferro, l’allievo del D’Enrico, tanto le tre statue di Gesù, Mosè ed Elia, quanto quelle dei tre Apostoli. Ma ciò, come già si è detto, è insostenibile, per ragioni cronologiche, ma anche per lo stile profondamente diverso. Bisogna quindi concludere che alla bottega ormai estinta del D’Enrico e del Ferro sono subentrati dei nuovi maestri, sempre valsesiani, ma certo di rango assai inferiore: il Petera ed il Soldo. Verosimilmente lavorò per primo il varallese Pietro Francesco Petera, forse formatosi più che alla scuola del Ferro, presso l’estroso e teatrale Dionigi Busso- la che con i suoi fratelli Cesare ed Ottavio ed il collega Giovanni Battista Volpi- ni imperversò nella seconda metà del Seicento un po’ in tutti i Sacri Monti. Il nome del Petera è finora unicamente legato proprio alle tre statue dei pro- tagonisti della cappella: Gesù, Mosè od Elia, sospese a mezz’aria sulla vetta del monte. Ma poiché nel 1671, quando scriveva il Fassola, già esistevano anche le altre di Pietro, Giacomo e Giovanni, c’è da pensare che siano anch’esse dello stesso autore. Nelle tre prime, pur nel melodrammatico effetto, compare una vivace, rusti- ca e quasi esasperata, forza espressiva nell’allungamento accentuatissimo delle membra, nei gesti clamorosi e quasi scomposti, nei tagli disinvolti, profondi ed 172 Cappella - 17
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