Page 382 - Libro Sacro Monte di Varallo
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ni D’Enrico coadiuvato dal fratello Melchiorre e già realizzate nel 1610. Contribuiscono a ampliare la già ricca composizione gli affreschi, eseguiti da Pier Francesco Mazzucchelli, detto il Morazzone, tra il 1610, anno in cui gli furono commissionati, e il 1616, quando risultano terminati. Un evidente esempio di come si sia cercato di creare una continuità del rac- conto attraverso la comparsa degli stessi personaggi, è costituito dalla figura in statua all’estrema sinistra, che si volge con aggrottata espressione verso il riguar- dante. Essa è identica a una statua eseguita dal grande maestro valsesiano ( Fer- rari ) per la crocifissione, ove la si può osservare sempre collocata all’estrema sinistra. I fabbricieri stessi richiedono questa riproposizione di personaggi per conferire maggiore continuità e unitarietà al racconto della Passione. Ai lati dell’arco, che si apre sotto il balcone e che dilata interiormente l’insie- me prospettico, sono raffigurati i profeti Geremia e Isaia, dal cui testo è tratto il passo scritturale posto a commento della cappella: “Non ha apparenza né bellez- za per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in lui diletto. Disprezza- to e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire.” Le premesse Chi sale la Scala Santa vede come fondale, in alto, una ricca grata lignea con al di sopra una vetrata, a celare la retrostante scena sacra, una delle più impres- sionanti e grandiose, di tutto il Sacro Monte: quella dell’Hecce Homo o Gesù presentato al popolo. L’episodio, narrato nel Vangelo di S. Giovanni, aveva goduto nell’iconogra- fia sacra tardo Quattrocento e della prima metà del Cinquecento di una cer- ta fortuna: basti pensare all’Ecce Homo a mezzo ‘insto varie volte replicato da Antonello da Messina, a numerose miniature, all’incisione del Durer, o alle composizioni più ampie e complesse del Romanino nel Duomo di Cremona, di Tiziano (Vienna, Kunsthistorisches Museum), del Tintoretto nella Scuola Grande di S. Rocco a Venezia. Anche il nostro Gaudenzio nei suoi anni tardi aveva raffigurato la scena in un vasto affresco nella cappella di S. Corona in S. Maria delle Grazie a Milano, e per rimanere in aree a noi più vicine, possiamo ricordare il quadro del Lanino a Romagnano, o l’affresco, forse di uno dei Ca- vallazzi, nel convento varallese della Madonna delle Grazie. Ma al Sacro Monte, sul :’Super parietem”, questo mistero non rientrava nel- la visione iniziale, nei piani progettuali del Padre Caimi, e la famosa guida dei 382 Cappella - 33