Page 377 - Libro Sacro Monte di Varallo
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due, Giovanni Battista, perché la sua opera qui deve costituire uno dei suoi primi, giovanili lavori, quando non si era fatto ancora un nome, doveva crearsi ancora una fama, tanto che il Fassola neppure lo cita. Ma dopo questa precoce impresa a cui si può pensare sia stato invitato dallo stesso Gianoli, e dopo l’intervento del 1670-71 nella Seconda presentazione a Pilato a cui dovette prendere parte anche l’altro fratello, la fama di Giovanni Battista e Gerolamo Grandi crescerà, non solo nel ducato di Milano, ma. addirittura in ‘toscana, tanto da esser chiamati ad affrescare nel 1685 la chiesa della celebre Certosa di Calci, presso Pisa. Risolto, almeno spero, questo primo punto, vi è da affrontare il secondo. Chi sono i due pellegrini raffigurati sui due pilastri, o meglio, nello spessore del muro presso la grata? Il Gianoli e Giovanni Battista Grandi, o il Gianoli e lo statuario, come vogliono alcuni? Per il primo dei due personaggi non sussiste alcun problema. Tanto il compi- latore della guida de] 1829, che il Cusa che il Romerio vi riscontrano l’Auto- ritratto del Gianoli. Solo nelle due guide recentissime del 1994 si premette “È tradizione che...”. Ma in realtà basta conoscere solo un po’ il Gianoli per non avere dubbi. È noto che egli ha molto amato eseguire degli autoritratti, inserendo spesso la pro- pria figura in scene e composizioni sacre o in quadri singoli. Se ne ha quasi una piccola galleria ad iniziare da quello su tela in casa Rondolini a Cavaglia. La fisionomia del pellegrino qui al Sacro Monte, ed anche in parte la posa, sono le stesse che si incontrano appunto nei vari altri suoi autoritratti da giovane, da uomo maturo e da anziano, da Cavaglia appunto, ad uno dei teloni di S. Marta nella Pinacoteca di Varallo, a quello più celebre ed ufficiale appartenente alla Pinacoteca di Brera, all’ultimo della Seconda presentazione a Pilato, anch’esso dopo lo stacco dalla parete, conservato nella Pinacoteca varallese, ecc. Un po’ più problematica, ma solo a prima vista, l’identificazione del secondo pellegrino: lo mutuano, uno dei fratelli Grandi? Di uno “statuario” vero e proprio per questa cappella, come si è constatato a suo tempo, non si può parlare perché due statue si devono a Gaudenzio Ferra- ri, una ad un anonimo scultore attorno al 1540, due infine al d’Enrico con la collaborazione del Ferro. Ben quattro dunque sono gli “statuari”. D’altra parie se ci si volesse riferire al d’Enrico o al Ferro che operarono attorno al 1637, bi- sogna considerare che il Gianoli allora era solo un ragazzino appena tredicenne essendo nato nel 1624. La cosa pertanto appare impossibile. Tra l’esecuzione di quelle due statue e gli affreschi del Gianoli passano molto probabilmente circa trent’anni. Infine il personaggio ritratto sulla destra è un uomo giovane, più del Per sfogliare il libro cliccare col mouse sugli angoli delle pagine e trascinare i fogli 377