Page 309 - Libro Sacro Monte di Varallo
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di quelle che saranno le più tarde composizioni dell’Affissione alla croce (1635- 37 circa) e della Deposizione (1637-38), in cui l’azione si disperde e si stempera articolandosi in un brulichio di gruppi e di figure. Incominciano a farsi sentire più evidente la presenza di Giacomo Ferro, non più solo garzone ed aiuto, ma ormai collaboratore del maestro. L’ampio vuoto in primo piano allontana dal riguardante la scena e non lo coinvolge più direttamente; si evidenzia invece un elemento profano del tutto marginale, cioè l’elaborata pavimentazione dell’au- la, che si interpone tra lo spettatore ed il dramma figurato, che appare ancor più lontano. C’è meno aggressività e meno impeto travolgente. La raffigura- zione per acquistare più tensione dinamica si svolge all’apparenza in diagonale, dall’angolo di destra in primo piano con i due alabardieri, a Pilato sul lato op- posto, incorniciato quasi ed esaltato dal solenne portale. Ma il Cristo ancora una volta è posto al centro dell’aula, nel mezzo della folla gesticolante, e la sua figura patetica, carica di sentimento, avvolta dal bianco mantello, con lo sguardo chinato di fianco verso il basso, appare quasi a fatica tra la quinta di guardie, di sgherri, di mazzieri e di giudei. La maggior parte delle figure, modellate con la consueta scioltezza e forza espressiva, i gesti spesso clamorosi, la varietà fantasiosa dei costumi, rivela come di consueto l’eloquenza e la tensione interiore che Giovanni sempre ha saputo imprimere nei suoi personaggi, scrutandone impietosamente tutti i più riposti sentimenti. Già il Fassola aveva notato, ed era cosa richiesta dai Fabbriceri: «che que- sto Cristo, Pilato e tutti quanti li Giudei portano la somiglianza da Capella in Capella, accompagnando le statue tutti li gesti bisognosi per rappresentare le particolarità di ciascun Mistero...». E veramente il modo di gestire, gli abiti, le uniformi dei soldati e soprattutto le espressioni caratteristiche degli astanti e particolarmente dei protagonisti, segnano una continuità quasi incalzante e di intensa efficacia psicologica nella successione dei singoli episodi. Ma purtroppo le ridipinture spesso arbitrarie degli abiti, avvenute lungo il corso dei secoli, hanno in parte attenuato la forza rappresentativa che ne scaturi- va con così serrata continuità di mistero in mistero. Basti osservare il personaggio di Pilato, sempre rivestito dello stesso abito, ma qui e nella Prima presentazione di colore verde pallido con sopraveste bruna, mentre nelle successive cappelle del primo piano del Palazzo la veste talare, quasi un turco cafetano, sarà invece ridipinta in azzurro. Manca soprattutto in questa cappella la perfetta unione, il passaggio insensibile tra la parte scultorea e quella dipinta, come era invece av- venuto nel modo più avvincente e di esito veramente superbo nelle tre cappelle Per sfogliare il libro cliccare col mouse sugli angoli delle pagine e trascinare i fogli 309