Page 77 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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conventi e monasteri tra la fine del Cinque e gli inizi del Seicento, i libri sull’argomento sono immancabilmente presenti263.
La predica, come la lezione di dottrina cristiana sui manuali appositi, sui catechismi ad parochos264, assume un rilievo e un’importanza senza precedenti “...per la salvezza dei fedeli”. L’articolato, e per allora, non di rado retorico265 ed ampolloso ma – ed era ciò che maggiormente contava – utile commento quotidiano266 di brani delle sacre Scritture e gli ammaestramenti ai fedeli secondo i dettami del concilio di Trento avrebbe dovuto essere affidato, secondo i canoni, a sacerdoti e religiosi regolari di provata fede e di indubbie capacità oratorie.
Non solo: proprio allora la Chiesa – grazie anche e forse soprattutto all’esperienza del fondatore e dei primi padri della Compagnia di Gesù – avrebbe in massima parte preferito – per tale incarico – sacerdoti e religiosi di sicura validità, e ancor più se prelati di fama267, predicatori ‘professionisti’ dunque, diffidando per contro di quei chierici e religiosi vagantes, itineranti, di scarsa cultura teologica, che predicavano sì, ma in molti, in troppi casi davano scandalo con comportamenti poco consoni se non gravemente lesivi della dignità sacerdotale.
Il predicatore modello era un sacerdote di notevole cultura teologica, assai pratico delle sacre Scritture, della canonistica e dei decreti conciliari emanati non solo dai sommi pontefici ma anche nelle riunioni sinodali della Chiesa locale; doveva essere in grado di leggere e scrivere correntemente, oltre che in volgare italico, certo in latino se non anche in greco; doveva essere un profondo conoscitore della dottrina, un forbito, fine dicitore, capace di adattare il contenuto e l’esposizione del seromone al variegato livello culturale dell’uditorio. Inoltre, tra le altre principali doti, era
263 Si anticipa qui che tra i molti titoli di volumi appartenuti al Quagliotti ce n’erano molti riferiti proprio all’abilità predicatoria: ad esempio vds. Concionum Joannis Osorii, Societatis Jesu, forse nell’edizione di Turnoni, per Claudium Michaelem, 1596; le Conciones r.p.f. Philippi Diez Lusitani... più volte ristampato a Venezia tra 1586-1614, le Conciones sacrae illustrissimi et reverendissimi D.D. Thomae de Villanova, edito tra Brescia e Milano nel periodo 1572-1603, le Conciones quadragesimales quadruplices... ex varijs authoribus tum antiquisssimis tum recentioribus exceptae, ab admodum reverendo patre fratre Thomae de Truxillo, praedicatore generale ordine Praedicatorum, Barcelona 1591 e altre decine e decine di titoli e autori: cfr. AONo, cart. 5. Per una particolare varietà di volumi in ambito strettamente parrocchiale, per gli anni e la zona qui considerata è opportuno tener presente anche il pionieristico saggio di S. Bruno, Biblioteche ecclesiastiche e cultura del clero in diocesi di Novara: la Valsesia del primo Seicento, in “De Valle Sicida”, VI (1995), p. 187 ss. Più in generale si veda il contributo di S. Giombi, Sacra eloquenza: percorsi di studio e pratiche di lettura, in Libri, biblioteche e cultura nell’Italia del Cinque e Seicento, a c. di E. Barbieri e D. Zardin, Milano 2002, pp. 137-218, con importante bibliografia e riferimenti a testi presenti anch’essi nella biblioteca del colto rettore di S. Cristina.
264 Sui testi adoperati nelle schole di dottrina tra Cinque e Seicento ricordo almeno il saggio di M. Turrini, “Chi sei tu?”. Imparare ad essere cristiani in età borromaica: la produzione catechistica, in “Studia Borromaica”, 21 (2007), pp. 367-392.
265 Vds. in generale Châtellier, La religione dei poveri cit., p. 48 ss. e, sullo specifico argomento della retorica predicatoria sacra in quel periodo Delcorno, La predicazione in Italia cit., passim e La predicazione in Italia dopo il Concilio di Trento tra Cinquecento e Settecento, a c. di G. Martina, S.J e U. Dovere cit., passim.
266 Il suddetto canone IV del 1563 raccomandava che vescovi, parroci e genericamente i predicatori avrebbero dovuto predicare “...almeno tutte le domeniche e nelle feste solenni; invece durante le quaresime e l’avvento del Signore, ogni giorno o almeno, tre volte la settimana se lo riterranno opportuno, ed inoltre ogni volta che lo giudicheranno utile”: Conciliorum Oecumenicorum decreta cit., p. 763.
267 Dovevano essere chiamati, in primis, “...lettori in sacra teologia”: Francesco de’ Marconi Quagliotti, per l’appunto, sarebbe stato laureato a Brera dottore in sacra teologia, e Bascapè l’avrebbe chiamato per predicare proprio per la sua profonda preprarazione.