Page 76 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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protestante, dov’era ed è assai rilevante il ministero della parola, del commento scritturale dunque e dell’esegesi, a scapito di altre pratiche sacramentali e liturgiche.
Il predicatore – un esperto, preparato, abile retore – parlava, comunicava, informava, educava, esortava uomini, donne, vecchi, fanciulli. Ma cosa voleva dire predicare, essere predicatore, andare magari in missione? Cosa comportava tutto questo? Quale preparazione? E chi erano i sacerdoti, i religiosi che operarono in questo specifico, delicato settore? Cosa facevano, cosa dicevano, come lo dicevano, dove andavano, com’erano accolti, chi li ascoltava, quali erano i risultati dei loro sermoni?
Nell’età della riforma della Chiesa, i padri conciliari tridentini non si occuparono, in realtà, di stabilire norme, canoni e criteri per la ‘missione’, anche se l’attesa per questo non sarebbe stata ancora lunga259. Si decise invece in merito alla fondamentale pratica della predicazione: il secondo decreto emanato a Trento durante la V sessione conciliare il 17 giugno 1546, significativamente dopo il decreto sul peccato originale, il peccato in genere e i peccatori260, è proprio quello concernente la lettura della sacra Scrittura e la predicazione261.
Durante le ultime battute del concilio, nella XXIV sessione che prese avvio dall’11 novembre del 1563, nel canone IV del ‘Decreto di riforma’ si precisa che il santo sinodo: “...desiderando che il ministero della predicazione, principale dovere dei vescovi, venga esercitato con la maggior frequenza possibile per la salvezza dei fedeli, adegua maggiormente alla necessità dei tempi presenti i canoni emanati a questo proposito sotto Paolo III... Prescrive ai vescovi di proclamare le sacre scritture e la legge divina personalmente o... per mezzo di coloro che hanno designato come predicatori; nelle altre chiese provvederanno per mezzo dei parroci o... per mezzo di altri predicatori designati dal vescovo, sia in città, sia in qualunque parte della diocesi...”262. Proprio dal tardo Cinquecento, le edizioni di omiletica, di arte concionatoria, di manuali di retorica per predicatori, di commenti su materie predicabili, di oratoria sacra aumentarono considerevolmente sia dal punto di vista quantitativo, sia da quello qualitativo. Nelle biblioteche ecclesiastiche, in quelle di
259 Tra il 1563, anno della fine del concilio di Trento e la nascita della Congregazione de Propaganda Fide il 15 gennaio del 1622, Istituto che avrebbe regolato e ordinato le missioni di Santa Romana Chiesa sarebbero passati anni cruciali di progressiva maturazione: cfr. Sacrae Congregationis de Propaganda Fide memoria rerum, III/2, ed. J. Metzler, Rom- Freiburg-Wien 1976, p. 656 ss. E’ opportuno forse porre in evidenza qui che la Congregatio predetta aveva sostanzialmente due obiettivi: conservare la fede tra i fedeli di S.R.E. e spargerla, o meglio, propagarla, tra gli ‘infedeli’, grazie all’azione congiunta della predicazione dei ss. Vangeli e, in genere, delle sacre Scritture, nonché dei Padri della Chiesa e tutto ciò, va forse ancor più ribadito, nel clima particolare di riforma a seguito del concilio di Trento.
260 Su tutti, in un panorama di studi in costante ampliamento, non è possibile non citare J. Delumeau, Il peccato e la paura. L’idea di colpa in Occidente dal XIII al XVIII secolo, Bologna 1987. Per un ambito cronologico e geografico più mirato, ristretto cioè alla Milano e alla Lombardia spagnole dell’epoca compresa tra Carlo e Federico Borromeo si veda inoltre l’eccellente studio di De Boer, La conquista dell’anima cit. Con un taglio più marcatamente ambivalente, giuridico e teologico, si vedano i saggi di V. Lavenia, L’infamia e il perdono cit., e, specie per le opere a stampa di specifico argomento, quello di Turrini, La coscienza e le leggi cit., passim. Uno sguardo invece geograficamente più ampio, complessivo e problematico della formidabile presenza della Chiesa e dell’inquisizione nella guida delle anime e delle coscienze nell’età moderna, con poteri sempre più ampi e coercitivi lo si ritrova anche nel ponderoso lavoro di A. Prosperi, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, Torino 1996, p. 213 ss.
261 Conciliorum Oecumenicorum decreta cit., p. 667 ss. 262 Cfr. ivi, p. 763.