Page 73 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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Quagliotti si sdegnava, in specie, “...della mala fortuna di alcuni chierici miei scolari i quali, con tutto che sieno studiosi et di buoni costumi, ad ogni modo, doppo doi anni di vigilia, neanche adesso ponno spontar a far festa”: questo ulteriore sfogo quindi era dovuto alla presenza, in S. Cristina, di alcuni allievi che nonostante due anni di dura permanenza in Collegio (“doppo doi anni di vigilia”) non riescivano, ancorché di buoni costumi e perfino studiosi, a fare a meno di voler a tutti i costi (“spontar”) far festa. Tutto questo, naturalmente, a scapito dell’austerità del luogo, dell’abito indossato, della spiritualità e religiosità dell’incarico per il quale si stavano preparando e, ciò che maggiormente feriva il nostro, della disciplina richiesta dal severo ma giusto rettore.
Insomma, guai. D’altronde la situazione pareva non essere più oltre sostenibile, specie considerando il suo precario stato di salute in quel periodo. In ogni caso, stremato com’era “...dopo una quinta purga” che avrebbe dovuto subire a causa di una fastidiosa, persistente febbre quartana, il giovane rettore si sarebbe recato dal Dolci per poter conferire con lui ed avere garanzie sul suo futuro a S. Cristina250.
Aveva sicuramente ragione il curato Bartolini a raccomandare al nostro di non eccedere nelle fatiche e di avere maggior riguardo per la propria salute che per tutto il 1611 non fu, si è visto, delle migliori. D’altra parte a Francesco, come abbiamo avuto modo di vedere, non importava molto della stancheza o della sofferenza fisica e lo schiudersi del 1612 lo vide da subito preso da mille impegni, in particolare dall’insegnamento ed ancor più dalla predicazione.
In diocesi ormai si sapeva bene quanto valesse e il nuovo vicario generale, monsignor Niccolò Leonardi, elogiandone l’indefessa attività non mancava tuttavia di rivolgergli un’affettuosa raccomandazione perché non si strapazzasse troppo: “Attenda ad allevar nelle virtù li soi teneri alievi ché da quelli, come educati da buon maestro, spero vederne buon frutto. V.S. si conservi et con la sanità spirituale procuri insieme la corporale, per quanto si può, per poter giovare a se stesso et al prossimo, et preghi sempre Dio per me peccatore”251. Ma invano.
Ogni giorno, per tutta la durata della Quaresima, predicazioni, confessioni, celebrazioni: fra’ Bartolomeo Rusconi del convento francescano di S. Maria delle Grazie di Borgomanero ci illustra con chiarezza quelle giornate di Francesco, fin troppo piene: “...la fidanza che tengono questi populi per la sicurezza della sua coscienza” scrive al Quagliotti in aprile, quasi volendosi scusare e giustificare “...ha causato che fra loro e me habbiamo datto molti fastidij a V.S. M.to R.da, de’ quali gliene resto con molto obligo per haverli agiutati nella via di salute; io me gli offerisco in quanto posso e gli fatio riverenza”252.
La gente di Borgomanero e dintorni, artigiani, contadini, religiosi, uomini, donne, si affidavano volentieri a Francesco, spiega fra’ Bartolomeo, ed era inevitabile che talvolta il sovraccarico di impegni caritativi potesse provocare “molti fastidij” al rettore di S. Cristina. Francesco però non ci badava, anzi: preso com’era dall’affanno
250 AONo, cart. 2, 21 settembre 1611. 251 AONo, cart. 3, 17 gennaio 1612. 252 AONo, cart. 6, 23 aprile 1612.