Page 58 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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di forte, commovente devozione sorse la primitiva chiesina campestre192 sul colle prossimo a Borgomanero193.
Un sito non a caso scelto in un ambiente pienamente rurale, dove il culto della santa era (ed è) sentito194 e dove la si invocava – e la si invoca ancora oggi – per ottenere la protezione di uomini e bestiame dai morsi dei serpenti, perché proprio gli animali fossero preservati dalle malattie, perché infine si potesse avere qualche protezione, comprensione e conforto nelle travagliate vicissitudini umane, specie nella difficile, dura esistenza dei contadini.
Dell’arrivo di Quagliotti alla sua nuova sede non abbiamo purtroppo alcuna testimonianza diretta. Sappiamo in compenso, dalle esortazioni che pochi giorni dopo gli scrisse un evidentemente preoccupato ma fiducioso monsignor Settala, che l’impatto con la diversa realtà sociale e ambientale non doveva risultare così semplice per chi, come il giovane prete galliatese, proveniva dalla pianura e dal verde ma movimentato suburbio novarese. Probabilmente poche settimane dopo il suo arrivo a destinazione, a Francesco giunse una lettera col sigillo del vicario generale. Si tratta di una lettera per noi particolarmente significativa per il tono paterno, pacato, per le parole usate e ancor più per quelle non usate.
Da quello che si intuisce tra le righe, monsignor vicario – che certo conosceva il quadro della desolata situazione in loco e che poteva ben immaginare entusiasmi e frustrazioni, speranze e timori sorti nel giovanissimo sacerdote durante quei primi, fondamentali giorni di permanenza a S. Cristina – esortava, illustrava, si complimentava: “...Molto reverendo come fratello, la vostra vigna comincia a fiorire e manda sin qui il buono odore: lodato ne sia il Padrone che la piantò così buona. Non vi incresca la fatica, perché avanzerà il guadagno; nella solitudine haverete a goder Dio [...]; se nel vito patirete alcuna cosa, donatelo a Chi tanto patì per noi [...]: so che digiunate”195.
Colpiscono tre cose: anzitutto l’elogio iniziale con cui si sottolinea il buon lavoro svolto da Quagliotti in così poco tempo, forse meno di un mese: “la vostra vigna comincia a fiorire...”; sono poi assai eloquenti i riferimenti alla “solitudine” e al digiuno, al patire “...nel vito”. Una lettera196 che la dice lunga sulla situazione
192 Con questo appellativo è precisamente indicata da mons. Cesare Speciano nel 1590 in Synodus dioecesana cit., p. 193: “Ecclesia parochialis campestris S. Christinae”.
193 Dei primordi dell’oratorio, poi chiesa di S. Cristina ove si stabilirono nel primo Seicento gli oratoriani della Congregazione di S. Gaudenzio si legge in A. Caione, G. Valsesia, Sanctae Christinae ecclesia cit., p. 14 ss.
194 Della calorosa devozione popolare locale alla memoria liturgica della santa parlava anche padre Melzi in una sua lettera al nostro: “...havendo gran bisogno di parlare con un certo indoratore che habita in Omegna, di cui non so il nome, ma mi ricordo solamente ch’egli più d’un anno fa essendosi confessato meco, mi disse che se si fusse offerta qualche occasione di servirmi dell’opera sua [...] l’havrebbe fatto volentieri et per prezzi assai ragionevoli. Hora io m’imagino ch’egli domani verrà alla divotione di S.ta Christina o almeno che vi sarà commodità di fargli intendere per mexzzo di qualcheduno de’ suoi terrazzani, ch’io desideravo di trattar seco”: insomma, era prevedibile l’arrivo di molti devoti, anche da Omegna, per la festa della santa, il cui culto era in zona particolarmente sentito e diffuso: AONo, cart. 4, 23 luglio 1616.
195 AONo, cart. 1, 17 dicembre 1609: in verità la data cronica è parzialmente illeggibile nel malconcio originale, tanto da non permettere una corretta lettura del mese anche se i vari biografi, che forse ebbero la possibilità di leggere il documento quando si trovava in migliore stato di conservazione, sono concordi nel collocarne la stesura ai primi di dicembre.
196 Uno scritto, questo, dove si fa un duplice, interessante riferimento al teologo don G.G. Ferrari, di otto anni più anziano di Francesco e suo compagno di studi a Brera. Quasi in parallelo con l’azione di Francesco, mons. Settala

























































































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