Page 55 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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Il Casella, nelle sue frequenti soste romane aveva potuto conoscere, frequentare e apprezzare la spiritualità e l’opera di s. Filippo Neri, e proprio tra i primi ardenti sostenitori e seguaci del fondatore della Congregazione dell’Oratorio conobbe un altro religioso novarese, Giovanni Battista Boniperti. Tornato a Novara, insieme al Boniperti e agli altri sacerdoti sopra ricordati, nel 1605 don Flaminio chiese espressamente al vescovo di poter avviare una scuola della dottrina cristiana il cui scopo parallelo aveva tutti i caratteri di quello dell’originale congregazione della Vallicella, teso cioè alla formazione cristiana e culturale giovanile.
Monsignor Bascapè, non ebbe esitazioni e accolse la richiesta del Casella costituendo formalmente la Congregazione di S. Gaudenzio con sede in S. Cristina di Borgomanero. Per dare avvio in grande stile ai lavori di edificazione della chiesa quale sede della Congregazione, al Casella il vescovo affiancò, oltre al Boniperti, il maturo canonico don Giovanni Battista Cattaneo, già presente a S. Cristina182 e il giovane suddiacono Orazio Barbavara183. Certo non furono momenti facili per quei primi oratoriani attivi in diocesi: il clima di continue tensioni nel clero locale è infatti ampiamente documentato. Per quasi due secoli, fino al Settecento inoltrato, in uno stillicidio di lettere, relazioni canoniche e atti notarili si delinea un doloroso quadro di astiose ripicche e di pretestuosi cavilli suscitati ad arte per salvaguardare i secolari diritti della Collegiata di Borgomanero ovvero, più semplicemente, per impedire l’erezione e la vitalità della Congregazione di S. Gaudenzio prima e degli Oblati poi184. Protagonisti, tra Cinque e Seicento, delle reciproche e più o meno canoniche querele furono, a salvaguardia di immemorabili jura borgomaneresi e a scapito della benefica operosità dei filippini prima e del Quagliotti poi, il rettore della locale Collegiata, Marc’Antonio Caninio185, e ancor più il suo agguerrito coadiutore don Gaspare Florio186. Ma se ne riparlerà a suo tempo.
Cristina giunsero, grazie ad una traslazione opportunamente sobria e riservata – come da apposite istruzioni episcopali tese a tacitare eventuali prese di posizioni ufficiali della corte di Roma in merito alla provenienza delle reliquie – il 14 aprile 1607: per un’utile e documentata panoramica delle vicende locali, appassionatamente elaborata in anni di ricerche erudite si vedano le belle pagine di A. Caione, G. Valsesia, Sanctae Christinae ecclesia. La chiesa e la comunità di S. Cristina nei secoli XV-XVII. La Compagnia di Sant’Orsola, S. Cristina, 1987, in partic. p. 57 nonché Chiesa, Vita di Carlo Bascapè cit., p. 497 e passim.
182 Cfr., al riguardo, Caione, Valsesia, Sanctae Christinae ecclesiae cit., p. 44.
183 Al Barbavara, di Gravellona Lomellina, si aggiunse in quel torno di tempo anche tale don Luca Bagliotti di Veruno: cfr. ancora Caione, Valsesia, Sanctae Christinae ecclesiae cit., p. 45.
184 Ne sono un sufficiente quanto triste riscontro alcune lettere del Bascapè e un intero, fascicolo documentario non catalogato reperito in AONo, di cui si darà conto in seguito.
185 Di cui ci resta un succinto epistolario con il Quagliotti, relativo al periodo 1610-1617, in AONo, cart. 6. E’ curioso constatare che proprio il Caninio nelle sue lettere si sia riferito al nostro, qualificandolo con il cortese e quanto mai appropriato appellativo di “theologo eccellentissimo”.
186 I due, il Caninio e il Florio, erano più anziani di Francesco e specialmente il canonico Florio non riteneva – lo si vedrà - di doverlo trattare alla pari, anzi. Inoltre appartenevano ad un ente ecclesiastico, la Collegiata di S. Bartolomeo di Borgomanero, che per importanza e antichità era da molti considerata la chiesa borgomanerese per antonomasia, dunque storicamente e liturgicamente superiore a quella di S. Cristina. Sarà questo, per circa due secoli, il nodo della discordia tra Collegio (a suo tempo oblatizio) e Capitolo canonicale. D’altronde, il canonico Caninio non era sconosciuto, in curia episcopale, per le sue intemperanze, e non solo nei cofronti del teologo galliatese: già nel 1596 era incorso nelle ire del Bascapè per le anomalie e le gravi irregolarità poste in essere nella preparazione della festa di s. Bartolomeo, il santo titolare della Collegiata; era stato necessario inviare da Novara monsignor Dolci, rettore del Seminario, per le opportune indagini e per l’applicazione di doverose sanzioni nei cofronti dell’astioso canonico: cfr. P. Zanetta, Ad banchum juris Burgi Maynerii. Vicende giudiziarie dei secoli XV-XX, Borgomanero 1986, p. 61.



























































































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