Page 54 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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Di cosa si sarebbero dovuti occupare a S. Cristina i quattro missionari è proprio Bascapè a spiegarlo, e senza incertezze, in due programmatiche lettere del 1604 e del 1607. Nella prima delle due missive, del 4 ottobre 1604, indirizzata a mons. Vestrio, segretario presso la corte pontificia178, il Bascapè illustrava infatti succintamente il suo progetto per la diocesi: “...Desidero [...] vedere incominciato qua un seminario di sacerdoti sciolti dagli ordinari interessi et dati totalmente al servitio di Dio sotto l’obedienza del vescovo”. Nozioni fondamentali queste, che delineano con assoluta chiarezza i propositi del vescovo novarese, che fanno comprendere quanto e come il clima di vivace fervore tridentino andasse decisamente orientando la politica pastorale nella diocesi e avesse in breve infiammato cuori e menti di semplici sacerdoti come il Quagliotti.
Nella seconda lettera, che un sempre più convinto Bascapè aveva indirizzato al nipote, il padre gesuita Michele Angelo Marchesi, l’8 maggio 1607 quando ancora quest’ultimo si trovava in S. Fedele a Milano, il presule spiegava che la Congregazione di S. Gaudenzio attiva in S. Cristina di Borgomanero “...è di chierici che lasciati gli interessi mondani, sotto l’obbedienza del vescovo attendano ad aiutare le anime et il governo episcopale secondo il talento et la detta obbedienza in qualunque luogo della diocesi”179.
Flaminio Casella, anziano sacerdote di Cavaglio d’Agogna, eresse una casa e una chiesa che venne consacrata dal Bascapè il 25 luglio del 1605180 applicandovi molte delle reliquie che proprio il Casella, nelle sue estese, approfondite ricerche antiquarie e archeologiche aveva trovato durante le sue numerose spedizioni romane181.
178 ASDNo, V, I, 12/18: il prelato è da identificarsi quasi certamente in monsignor Marcello Vestri (o Vestrio), figlio di Ottaviano, letterato e segretario alla corte di Roma durante il pontificato di papa Paolo V, ancora vivo nel 1608: per lo scritto del Bascapè.
179 ASDNo, Lettere episcopali, V, I, 12/20, n. 584, pp. 480-481. Tra il 5 e l’8 maggio del 1607, Bascapè si interessò fattivamente alla Congregazione gaudenziana presente – e in procinto di estinguersi – a S. Cristina: risulta pertanto impropria se non del tutto errata la conclusione cui giunge mons. Pagano riguardo alla creazione degli Oblati dei ss. Gaudenzio e Carlo quando afferma che in S. Cristina “...nel 1607 il vescovo istituiva la Congregazione degli Oblati di s. Gaudenzio”: cfr. Chiesa, Vita di Carlo Bascapè cit., nota 80, p. 509. Bascapè, a quella data, aveva tutt’al più una vaga eppure convinta idea, un desiderio inespresso e qua e là emergente nel suo epistolario (vds.) ma assolutamente ancora nulla, nella documentazione, fa pensare all’erezione della Congregazione oblatizia novarese in data così prematura ché anzi, per mano di Quagliotti medesimo, sappiamo ancora solo “insitituenda” nelle intenzioni del Galliatese durante la celebrazione liturgica svoltasi a Fontaneto anni dopo, il 4 novembre del 1616: cfr. Libro delle messe, AONo, cart. 2. Informazioni di massima sulla nascita e lo sviluppo successivo della Congregazione si trovano anche, è necessario ricordarlo, consultando alla ‘voce’ Oblati dei santi Gaudenzio e Carlo, Missionari di Maria, a c. di P. Calliari, il Dizionario degli Istituti di perfezione cit., vol VI, Roma 1980, coll. 652-653.
180 Riguardo alla consacrazione è ancora oggi visibile in S. Cristina l’epigrafe marmorea che la ricorda, murata lungo la parete della scalinata che permette l’accesso allo scurolo e sovrastata dal bassorilievo con lo stemma del Bascapè: “MDCV die XXV iulii reverendiss. Carolus ep. Novarien. Eccl. Sanctae Christinae consecravit ad memoriam S. Christiane et indulgenciam XL dierum anniversariam concessit...”: una sua riproduzione fotografica è reperibile in A. Caione, G. Valsesia, Fra terra e famiglia all’ombra degli Oblati del Collegio di Santa Cristina. Vicende di una famiglia e di una cascina. Gli Omarini e la Cascina Vallazza, Borgomanero, Fondazione Achille Marazza, 1986, p. 11.
181 Troppo lungo e fuorviante sarebbe, in questa sede, ripercorrere le peripezie del Casella appassionato cultore di antichità paleocristiane nella Roma di fine Cinquecento. Basterà rammentare che, sia pure sinceramente apprezzato e benvoluto dal Bascapè, che spesso prese le sue difese, incorse tuttavia più volte nelle ire della Corte di Roma e degli inquisitori a causa delle sue reiterate spedizioni archeologiche che si concludevano con il rinvenimento - specie presso gli ipogei catacombali - l’appropriazione e l’esportazione di reliquie o presunte tali, che venivano poi candidamente inviate a non pochi corrispondenti (ovvero anche ai committenti di siffatte esplorazioni) in varie diocesi italiane. A Novara arrivò un cospicuo carico di preziosi reperti sacri debitamente autenticati il 20 maggio 1603, mentre a S.




























































































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