Page 38 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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riferimento: monsignor vescovo di Novara, e non solo per il preciso tratto di penna con cui è riprodotto il suo stemma, quanto invece per l’ardito e allora attuale argomento di laurea.
La tesi infatti, in latino e letta pubblicamente dal Quagliotti medesimo, verteva su un tema assai scottante e in voga che ciclicamente sarebbe tornato nelle omelie sia del Quagliotti125, sia di molti altri celebri predicatori cattolici e specie di quelli impegnati in un mirato ridimensionamento delle riflessioni teologiche luterane126; il saggio ha per titolo: Conclusiones de gratia et peccato quas Franciscus Qualiotus Academicus Arysophus disputandas proponit127. Tra gli amici e compagni di studio e di preghiera negli anni passati in una Milano ancora sensibilissima al ricordo del venerato cardinale Borromeo128, di cui era in corso il processo di canonizzazione129, il futuro teologo Giovanni Giacomo Ferrari, canonico della Collegiata di Gozzano130, e il beato Alessandro Luzzago131, devoto anch’egli al rigore spirituale di Carlo Borromeo.
Da membro di rango della Compagnia della Beata Vergine in seno al Collegio di Brera, Francesco ripropose un’antica usanza allora desueta: fare periodicamente visita agli infermi negli ospedali cittadini e specie presso il vicino Ospedale Maggiore: per indurre gli altri studenti a partecipare a questa ripristinata, caritatevole missione urbana, Francesco, nella freschissima testimonianza di un suo docente ed amico, il padre Avogadro, esclamò: “Si quis est Domini, sequatur me”, ‘Se alcuno è del Signore, mi segua!’.
Sempre in quegli anni, tanto pio quanto bene informato sull’attualità e l’attività missionaria della Chiesa di quel tempo, il giovane chierico prese l’iniziativa di scrivere, insieme ad altri studenti e confratelli della Compagnia mariana di Brera, all’animoso manipolo di Gesuiti inviati a Goa, in quelle che allora venivano
125 AONo, cart. 2.
126 Tra i libri del Quagliotti, suoi proprii o destinati più genericamente ad uso dei chierici studenti del Collegio di S. Cristina di Borgomanero, sono diversi quelli che si occupano di omiletica, dunque della pratica e dell’arte concionatoria, delle materie predicabili e delle varianti possibili offerte, per un abile predicatore, dal calendario liturgico: cfr. AONo, cart. 5.
127 L’originale, in AONo, cart. 1, venne dato alle stampe a Milano, apud haer. Pacifici Pontj & Io. Baptista Piccaleum, MDCVII. Le Conclusiones, che ottennero un ampio successo di critica, erano concentrate in quindici punti salienti, ognuno ampiamente commentato teologicamente e filosoficamente così come ci aspettava da un brillante allievo del celebre Collegio milanese.
128 Una freschissima descrizione del giubilo dei milanesi per la canonizzazione del grande cardinale è persino tra le carte del Quagliotti, in una missiva del cugino Giovanni Gambaro, a lui diretta nel fatidico 1610, anno dell’ascesa agli altari e al culto di s. Carlo Borromeo: “...Di poi, se fosse V.S. stata presente alla solennità del s.to Carolo havrebbe veduto cose meravigliosissime le quali per spiegarle vi si vorrebbe la prima penna d’Europa; di che, per non potergli dar altra relatione, solo questo intenda V.S.: come in quel stesso giorno fu fatta una processione solenne con tanto bellissimo ordine che più non si poteva desiderare, et in questa fu portata una statua che rassomigliava l’effigie del glorioso s.to Carolo la quale è stata donatagli dalli orefici, tutta d’argento, con le più belle opere e i minii che pareva rapprsentasse il s.to vivo in pompa pontificia; et questa ha indulgenze plenarie con remissione di tutti i peccati”:cfr. lettera del 20 novembre 1610, in AONo, cart. 2.
129 Sul delicato periodo processuale sono numerosi i riferimenti nell’epistolario episcopale del Bascapè consultabile presso l’ASDNo. Di notevole interesse anche lo studio di A. Turchini, La fabbrica di un santo, Casale Monferrato 1984. 130 Longo, C.Bascapè, vescovo di Novara e i Gesuiti cit. p. 372 ss. Di lui restano numerose lettere al Nostro conservateci in originale e giunteci in ottimo stato in AON, cart. 3, come avremo modo di osservare più oltre.
131 Era morto in giovane età e in odore di santità presso la Casa gesuitica di S. Fedele, a Milano, il 7 maggio 1602: cfr. ivi nonché lo studio di A. Girelli, Alessandro Luzzago, Brescia 1881 e quello più recente di A. Cistellini,, Alessandro Luzzago, Brescia 1998.

























































































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