Page 36 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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Quagliotti fu a Milano, presso il Collegio di Brera, dove seguì i fondamentali corsi di teologia morale e dogmatica, filosofia, retorica e dimostrando interesse e attitudine verso materie meno professionali, come la pittura, il disegno115, il canto116 e la musica117, che tuttavia completavano la formazione culturale di un futuro sacerdote del tempo e interessi che qua e là emergono dalle non poche carte autografe del nostro118.
Purtroppo la dispersione di gran parte della documentazione di Brera119 non consente di approfondire il periodo milanese del nostro, anche se si è in grado di avere un’idea della puntuale frequenza ai corsi del giovane chierico galliatese: “Il molto Rev. Prete Gio. Pietro Tutio della Compagnia di Giesù, professore di
nello Stato di Milano in età spagnola, Brescia 2001, dove più volte, nell’analisi della situazione nella Lombardia spagnola, si prende in esame la diocesi di Novara e, specie per il secondo Seicento, il Collegio di S. Cristina: cfr. pp. 343-344, 350, 376-378. della medesima Autrice si veda inoltre il saggio I percorsi formativi del clero in età tridentina nelle “terre di mezzo”, in Pio V nella società e nella politica del suo tempo, a c. di M. Guasco e A. Torre, Bologna 2005, pp. 179-206 dove peraltro, pur trattando dei Seminari nell’area qui presa in esame, non fa più menzione del Collegio di S. Cristina. Brevi cenni agli Oblati novaresi compaiono anche nel più recente saggio della medesima Autrice, La diocesi e i suoi seminari in età moderna, in Diocesi di Novara cit., pp. 529-558, in partic. pp. 532-538 e note di riferimento. Pur senza citare, anche in questo caso, storia e figure della Congregazione oblatizia sono tuttavia di sicuro interesse, per un esame recentissimo sulla formazione del clero specie in età postridentina i contributi di C. Fantappiè, La professionalizzazione del sacerdozio cattolico nell’età moderna e del Toscani, Ruoli del clero, canali e strumenti di apprendimento nella Lombardia dei secoli XVI-XIX, entrambi in Formare alle professioni. Sacerdoti, principi, educatori, a c. di E. Becchi e M. Ferrari, Milano 2009, rispp. pp. 39-69 e 70-118.
115 Di cui ci resta un saggio assai inquietante e sicuramente di suo pugno di cui tratteremo in seguito: quello sul ‘verso’ del calendario liturgico del 1609, che rappresenta un sarcofago da cui emerge un teschio (su cui si legge il profetico acrostico H[ic]. I[acet]. F[ranciscus]. Q[ualiottus]. C[lericus]. G[alliatensis].) con il copricapo sacerdotale a tricorno, con la drammatica constatazione: “Mensurabiles posuisti dies meos” vergata sul bordo del sepolcro, mentre sulla facciata del medesimo era profeticamente annunciato che “Occidit sol in meridie”; ma si notano pure tratti sicuramente del Nostro sul verso di una missiva ricevuta dal nipote di mons. Bascapè, don Michele Angelo Marchesi, arcidiacono del duomo di Novara, del 18 dicembre 1614, con precisi particolari architettonici del basamento di una colonna: cfr. AONo, cart. 1.
116 Anche il canto, come le altre materie insegnate, faceva parte del bagaglio culturale dei futuri sacerdoti: va tuttavia sottolineato che gli interessi e la curiosità intellettuale del giovane allievo dei Gesuiti, secondo i suoi amici e futuri biografi, andavano oltre a quelli dei suoi compagni, allargandosi a gran parte delle arti: oltre infatti ad “...essere divotissimo frequentando li ss. Sagramenti” aveva fama di chierico “...dottissimo: cantava benissimo [...], sonava, scriveva, designava, pingeva et tutte queste scienze posedeva benissimo”: Gaspare Vandoni, Annotazioni sopra la vita del S.r Teologo Quagliotti descritta da me, P.te Gaspare Vandoni. La testimonianza, resa per paragrafi o capitoletti (questo citato è contrassegnato dal numero 42) dall’amico ed ex allievo del nostro, di Oleggio, divenuto curato di Veruno, non è precisamente collocabile cronologicamente ma in copertina è detto che risalirebbe ad un periodo compreso tra “1620-1621”.
117 Annotazioni musicali sono rilevabili con chiarezza su un pentagramma disegnato dal Nostro sul ‘verso’ di una missiva a lui diretta scritta dal curato di Cressa, don Angelo Magnetti, il 13 gennaio 1611: cfrr. AONo, cart. 3.
118 In verità, specie sul verso di talune missive del e al Quagliotti, si possono notare varie tracce di disegni cui non è facile dare con certezza un’attribuzione precisa: ad esempio l’assai curioso schizzo di una galera – il vascello, a remi e a vela, di maggior impiego nel Mediterraneo di quel tempo – inquadrato con dovizia di particolari nella sua parte posteriore, con il cosiddetto castello di poppa e parte delle fiancate da cui spuntano i lunghi remi e da cui emergono figure umane inequivocabilmente intente a sparare, forse con archibugi: cfr. il ‘verso’ di lettera a Francesco di don Giovanni Giacomo Ferrari, teologo di Gozzano, del 3 agosto 1611, in AONo, cart. 4; o quello in cui è tratteggiata una figura a mezzo busto, senza volto e in abito ecclesiastico completo di berretta, nel probabile intento di illustrare come si desideravano eseguiti alcuni lavori di cucitura e rifinitura di maniche e colletto: cfr. inoltre il ‘verso’ di una lettera a Quagliotti, sempre da don Ferrari, del 12 luglio 1614, ivi, su cui si nota una piccola illustrazione con un orante, un pellegrino o, forse, un s. Carlo in preghiera presso una cappella di un Sacro Monte. Si segnala, da ultimo, il disegno a carattere sacro che raffigura un cuore sormontato da un croce, con una impressionante somiglianza con il simbolo sacro di Charles de Foucauld: sul ‘verso’ di una lettera del medesimo al nostro del 12 gennaio 1613, ivi.
119 L’archivio andò in gran parte distrutto nel XVIII secolo.



























































































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