Page 28 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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Tra le sue prime cure, oltre a quella di fondare in città un Collegio di Chierici regolari di san Paolo dai cui ranghi proveniva egli stesso, vi fu quella di ampliare aprendo nuove sedi, migliorare e vivificare l’attività del Seminario diocesano, già oggetto delle cure del suo predecessore, monsignor Cesare Speciano77.
La riorganizzazione, l’acculturazione del clero e la formazione spirituale e morale dei giovani chierici assunsero, durante l’intero arco del suo espiscopato, un’importanza che non si è esitato a definire preponderante rispetto alle molteplici sue attività. Certo, cura tra le cure, era in ogni modo stata l’applicazione quasi alla lettera – e non è superfluo sottolinearlo a fronte dei molti casi di vescovi, cardinali e abati assai ben disposti nei confronti dei piaceri mondani – della normativa tridentina78.
Se infatti si trattava di un compito già quanto mai difficile nei confronti dei laici e specie delle autorità cittadine, ancor più ostico – e per molti aspetti – era verso i sacerdoti e i religiosi di ogni qualità e livello: dal semplice curato di campagna, magari con moglie, figli e una forte propensione alle soste in taverna e alle battute di caccia in compagnia di notabili e contadini, alla più colta badessa o all’arciprete, anch’essi dediti a una vita decisamente più disinvolta del dovuto, con feste, balli, amanti, intrighi, non di rado con la passione per le letture più o meno lecite, più o meno proibite. Una decadenza morale che per molti, per troppi ecclesiastici non era neppure vissuta come tale, tanto era ormai divenuta e assurta a stile di vita.
Lo dimostra, da questo punto di vista, l’epistolario di un Bascapè alquanto rigoroso e più che mai battagliero da questo punto di vista: con dovizia di particolari, otto lettere su dieci riguardano infatti i reiterati tentativi, non sempre andati a buon fine di ridimensionare una sorprendente varietà di abusi da parte di sacerdoti e religiosi, specie in ambiti rurali e segnatamente nelle zone più lontane e montuose della diocesi: con amarezza79 lo rileva più volte uno stupito presule novarese, pronto tuttavia a comminare punizioni anche severe a un numero considerevole di chierici, preti e frati80.
77 Su di lui cfr. C. Bascapè, La Novara sacra del Vescovo Venerabile Carlo Bascapè. Tradotta in italiano con Annotazioni e Vita dell’Autore dall’Avvocato Cav. Giuseppe Ravizza. Dedicata a S.E. Reverendissima Monsignor Stanislao Eula Vescovo di Novara, Novara 1878 (rist. anast. Bologna-Intra 1982), p. 433 s., Diocesi di Novara cit., p. 221 e passim. Si veda inoltre il sinodo da lui promosso nel 1591: Synodus dioecesana sub reverendiss. Domino D. Caesare Speciano Episcopo Novariensi et Comite, Primo habita anno Domini M.D.X.C. I. Maij., Novariae, Ex typis Haeredum Fr. Saxalli 1591, permissu superiorum.
78 Fois, La riforma dei vescovicit. passim.
79 Un’amarezza che in curia, a Novara, doveva essere diffusa e talvolta non priva di una certa feroce ironia: il chierico Giovanni Battista Ramponi, già allievo nel Collegio di S. Cristina, scriveva infatti assai risentito al Quagliotti lamentandosi che in una sua visita a monsignor Nicolò Leonardi, vicario generale della diocesi questi, dopo averlo ascoltato e squadrandolo, avesse esclamato: “...Habbiamo assai pretti ignoranti” sorprendendo così il dispiaciuto e imbarazzatissimo chierico che raccontava come sarcasticamente il vicario “...dipoi hebbesi a burlar di me e rider di me, in luogo di compatire al misero e puovero mio stato”: AONo, cart. 3, Memoriali (lettere) di chierici, 31 dicembre 1612. Monsignor Leonardi – va detto qui per completezza di informazione – avrebbe scritto a Quagliotti pochi giorni dopo scusandosi dell’accusa fattagli da quel chierico e quasi giustificandosi per non averlo potuto ammettere all’ordinazione in quanto, per quella sessione di nomine, non sarebbero stati creati suddiaconi che non fossero “artati”: cfr. AONo, cart. 2, 3 gennaio 1613.
80 Una vera miniera di informazioni ed esempi al riguardo è presente nelle centinaia di Lettere episcopali del Bascapè; se ne riporta qui doverosamente qualche stralcio chiarificatore: ASDNo, V, 1, 12/19, 11 luglio 1605, al curato di Borgolavezzaro: “...Intendiamo che il curato di Vignarello tuttavia giuoca et si da al vino et non celebra i giorni