Page 27 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
P. 27

episcopali improntando la propria attività pastorale agli insegnamenti di formazione borromaica e dunque prettamente conciliari.
L’episcopato del Bascapè, come molti storici hanno giustamente sottolineato, rappresenta perfettamente il pensiero e l’opera di un vescovo post-tridentino71. Una netta, evidente cesura con il passato dunque, cui si aggiungeva una febbrile attività formativa sacerdotale e di ricostruzione del tessuto connettivo spirituale diocesano e pastorale. Gli obiettivi, appena insediatosi, furono il deciso, convinto ricompattamento della Chiesa secondo la normativa conciliare e, di pari passo, la tutela della fede cattolica attraverso la diffusione capillare di scuole della dottrina cristiana.
Si poté assistere in breve a un rinnovato e, anche se non senza difficoltà72, progressivo disciplinamento del clero diocesano73. Le gerarchie ecclesiastiche, sia in ambito urbano, sia nelle campagne prestarono via via una ritrovata attenzione ai problemi spirituali e sociali del popolo proprio in anni di gravissima decadenza morale, cui si assommavano non solo le forti preoccupazioni per l’ordine e la sicurezza pubblica specie nel periodo della cosiddetta prima guerra per il Monferrato, ma anche e soprattutto quelle per il rischio concreto di una diffusione delle idee protestanti, come pure per le mai completamente sradicate presenze di culti naturali e stregonici che specie in val d’Ossola74 e in val Sesia75 erano per lo più residui di credenze popolari di antichissima origine.
Un impegno immane insomma, atto non solo a salvaguardare le anime e i corpi, ma anche la dignità e i diritti della Chiesa novarese nei confronti delle non poche angherie e dei soprusi attuati nei modi e nei tempi più diversi da parte delle autorità spagnole d’occupazione e dei signori locali, di cui sono ormai ampiamente note, alla storiografia, le violenze – fin troppo spesso sfociate in risse e duelli, specie con altri esponenti della riottosa aristocrazia locale - e le arroganti quanto, non di rado, sanguinose soperchierie ai danni del popolo e degli ecclesiastici76.
71 Rinvio in merito e in particolare agli illuminanti saggi, qui già citati, di Sergio Pagano e Massimo Marcocchi.
72 L’epistolario del vescovo novarese – consultabile in copia dattiloscritta in ASDNo - è prevalentemente caratterizzato dall’azione sì di continuo assestamento, ma anche di affannosa, reiterata risposta agli strappi disciplinari di tanti, troppi sacerdoti restii ad accogliere le linee del nuovo corso dato dal Bascapè alla Chiesa novarese.
73 Non solo per quanto riguardava il noto e annoso problema della formazione culturale e spirituale del clero, quanto anche per le secolari dispute che dividevano – tra sostenitori dei canonici di s. Maria e di quelli di s. Gaudenzio - il clero novarese.
74 Oltre a Beccaria, Inquisizione episcopale cit. si veda, del medesimo autore, Le streghe di Baceno (1609-1611). Le ultime sacerdotesse di una religione pagana sopravvissuta sui monti d’Antigorio, in Domina et Madonna. La figura femminile tra Ossola e Lago Maggiore dall’antichità all’Ottocento, Mergozzo 1997, p. 111 ss. ed E. Rizzi, Gli “intrighi delle montagne”. La caccia alle streghe nelle Alpi walser, in Le streghe nelle Alpi, Anzola d’Ossola, 2002, p. 113 ss.
75 Oltre a quanto scritto dal Beccaria (v. nota precedente), si veda anche Longo, La Chiesa novarese cit., p. 236 s.
76 Innumerevoli esempi di tali controversie si possono trovare sia nelle visite pastorali sia nelle lettere del Bascapè (e di altri presuli del tempo). Quanto ai rapporti tra vescovo e riottosi signori locali si veda ad esempio, proprio per il Novarese e il Tortonese, M. Salvadeo, Il Bascapè e le controversie giurisdizionali tra il vescovo di Tortona e il governo spagnolo, in “Barnabiti studi” I (1984), p. 113 ss.; qualcosa si evince anche in S. Crepaldi, Giovanni Battista Caccia (1571-1609), Novara 2003. Più generalmente, e con riferimento cronologico al primo periodo borromaico vds. D. Zardin, Riforma cattolica e resistenze nobiliari nella diocesi di Carlo Borromeo, Milano 1983, dove precisamente sono state studiate le tensioni tra élites aristocratiche locali e i parroci, nel più vasto contesto dei rapporti tra autorità religiosa e laico-politica sullo scorcio del Cinquecento. Un inquietante panorama, quale prodromo dei fatti riferibili agli anni di Francesco è quello, da ultimo, presentato da R. De Rosa, La criminalità dei nobili nel Ducato di Milano in epoca spagnola (1559-1598), in “Archivio storico lombardo”, CXXXIV (2008), pp. 155-182 e in partic., per la turbolenta area novarese, pp. 170, 174, 175, 179.

























































































   25   26   27   28   29