Page 194 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
P. 194
raggiungesse la sua destinazione, Macugnaga: era una lettera inviata dai Sindaci e dalla Comunità di quella località, allora per molti mesi isolata a causa dei rigori della stagione invernale.
Si tratta di uno scritto di notevole interesse che conviene riportare per intero per capire meglio il clima in cui erano immersi gli uomini di quel tempo: un universo totalmente diverso dal nostro, specie per la profonda devozione e religiosità.
La missiva è indirizzata, con deferenza inusitata “Al Molto Magnifico signor il Reverendo signor Padre Francescho Qualiotus eccellentissimo Theologo in S.ta Cristina di Bormanerio”. È vergata con una buona penna sottile in un italiano stentato, che forse qua e là pare ancor più incerto a causa della maggior consuetudine di chi scriveva con l’uso quotidiano del dialetto, anche se non mancano sorprendenti inserti latini.
“+ Reverendo Padre, poi<ché> per la Lege divina et non ci es dubio che la salute dell’anime si deve anteporre alla corporale, et di ogni altra cuosa; non senza causa noi huomini di Macugnagha, uno corde, desideriamoci et abramiamoci l’approbatione in cura dele nostre anime del Reverendo Padre Huber dal Ill.mo signor Cardinale per degni rispetti sì per esser così longo tempo che già non ci sii detta ne vulgarizà in nostra natural lingua, sì anchora perché la confessione non resta compita quando si fa quasi ex ritu, quando il confessionario et il confitente non sono d’una lingua, non per questo si nega che il Reverendo prette Ruzzo si exercischa a suo puotere circa la cura dell’anima, ma resta solo imperfetto perché la sua, et nostra lingua si fanno riserva come la Francesa et la Piomonthesa. Pertanto pregiamo V.S. resta servita di inpregar l’Ill.mo signor Cardinale che per zelo et salute dell’anime aprobar il sudetto Reverendo Domino Huber con ogni prestezza sii possibile, et più anchora V.S. pregi la salute nostra, così con ogni humeltà si venga a moltiplicar l’obligo che teniamo con leij; per fine con humilissima reverencia a V.S. Di Macugnagha, lì 24 d’octobre 1616. Di V.S. Molto Magnifica et Reverenda – Thomas Burcha, in nome di li sindici”560.
Le paure di questi “huomini di Macugnagha” ci appaiono e probabilmente ci sono oggi lontanissime e forse incongrue eppure, nella loro ingenuità, per la fede profonda e vivissima che le ha generate e fatte esprimere, sono indicative della spiritualità, dell’estrema attenzione, del rigore persino eccessivo con cui si guardava alle “cose della fede”561.
Insomma, “li sindici” chiedevano con urgenza, “con ogni prestezza”, che alla cura del villaggio giungesse il prete lucernese Iohann Huber, capace di intenderli e di parlare la loro lingua “vulgarizà” poiché da molto, da troppo tempo – rimarcavano
560 AONo, cart. 3, 24 ottobre 1616.
561 Ci si è permessi di parafrasare qui il titolo del già citato Firpo, “Disputar di cose pertinente alla fede” cit., in cui alle pp. 121-140 si tratta proprio del dibattuto, spinoso problema della lingua, tema ancora oggi in primissimo piano tra gli studiosi di storia e teologia, specie dopo l’emanazione del Motu proprio Summorum Pontificum del 7 luglio 2007, una lettera apostolica di Sua Santità Papa Benedetto XVI che si pone per tutti, dopo oltre quattro secoli, quale punto fermo da cui ripartire per ciò che concerne la celebrazione in latino secondo il rito di papa s. Pio V. Sul grande papa dell’età della controriforma rimando, nell’ampia bibliografia, alla recente e ricca antologia Pio V nella società e nella politica del suo tempo cit.