Page 183 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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di quella “gran moltitudine” di gente qualsiasi, perché spesso, ovunque andasse ad annunciare la Parola di Dio, “...non c’era loco bastante [...] per capir la gente concorsa per assistere a’ suoi rudimenti”534.
Popolo dunque ma al momento della predica – taluni bene in vista, ai primi banchi della chiesa, proprio sotto al pulpito, altri dietro, più defilati e seminascosti nelle navate, all’ombra delle colonne – “...non v’era cavalliere o signor grande o ordinario che, smontato da cavallo, non venisse a sentire questo Servo di Dio, restando maravigliato e proferendo lodi”535.
Ma com’era Francesco quando parlava ai fedeli? Come predicava? Ce lo spiega, ad esempio, il curato di Veruno narrando di una missione di Francesco, che in genere “...andava ad alcune solennità, come già s’è detto” ma, rimarca orgogliosamente don Gaspare, che ivi era curato “...in particolare alla terra di Veruno”.
Una terra “molto vicina al detto Colleggio, e molto devota a S.ta Cristina, e benefattrice a quella di S. Ilario” dove, per antica usanza, si distribuiva “...certa quantità di pane benedetto ad honore di quel santo, fabricato di grano d’elemosine fatte da terrieri e circonvicini e distribuito a’ poveri” che in quell’occasione536 - e non si stenta a crederlo, in quel periodo ancor più calamitoso del normale, perché di carestia e di guerra – non mancavano di concorrere numerosi.
Francesco, lo sappiamo grazie ai non pochi fogli e frammenti sparsi giunti fortunosamente sino a noi, quasi certamente improvvisava, e in larga misura, le sue omelie. Parlava, diremmo oggi, a braccio affidandosi al massimo, quello sì, a una traccia, a una scaletta di argomenti e temi da sviluppare. D’altronde, si sa, tali spunti, schizzi, promemoria che dir si vogliano, erano e sono facilmente sovvertibili, intercambiabili e, soprattutto, adattabili alle più varie occasioni e circostanze.
Ascoltiamolo in una delle sue numerose prediche borgomaneresi di quegli inizi del 1617, immaginandoci verosimilmente al pulpito un Fracesco accalorato, veemente; il teologo si riferiva, in questo caso, a un essere umano peccatore, forse anzi all’uomo peccatore“...avvertissi, insensato...” esclamava abbracciando con lo sguardo la platea, e forse con gesti eloquenti“...che cascato che sei non ti puoi rizzar senza la gratia di Dio; dirai: “Dio mi ajutterà”; devi sperare e poi bene sperare sull’aiutto di Dio ma non bisogna peccare con questa speranza, ché si fa troppo ingiuria a Dio, tanto buono. E poi, dimmi: chi t’accerta che Dio ti sta per aiuttare? Lo può fare e non fare secondo che li piace, ma forse non lo farà; e però ti bisogna vivere cauto e cessare dal peccato.. e poi, se continui di peccare e Dio tante volte ti ha aiuttato a relevarti, se torni al peccato, forsi che per tua ingratitudine ti abbandonerà, però stai vigilante. [...] E perché dunque voi continuate di peccare e
534 AONo, cart. 4, Deposizione del chierico Zanoja cit. L’episodio cui fa riferimento il devoto chierico poi cappuccino a Omegna (“P. Gabriello, capucino d’Omegna, suo compagno in quella Quaressima” lo ricorda il Rasario: AONo, cart. 4) è quello del celebre Quaresimale tenuto dal nostro in quel borgo nel 1617, un momento importante sul quale torneremo a suo tempo.
535 Ivi.
536 La parrocchiale di Veruno era ed è dedicata a S. Ilario. La commemorazione del santo d’Arles (nato, vissuto e morto entro la prima metà del V secolo) era, secondo il Martirologio romano, prevista per il 5 maggio: cfr. voce a c. di V. Boublik, in Bibliotheca sanctorum, VII, Roma 1966 (ma ried. 1996), coll. 713-715. E’ ragionevole credere, badando ai ritmi della narrazione del Vandoni, ci si trovasse allora proprio nel maggio del 1616.