Page 182 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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del vitto e dell’alloggio per migliaia di soldati, sia per l’obbligo dell’invio di quantità inusitate di materiali d’assedio. A sconvolgere ancor più la povera cittadinanza e l’intero contado novarese avvennero inoltre alcune spiacevoli, pericolose e talvolta cruente scaramucce fra soldati nemici, per non dire delle giornaliere tensioni tra civili e truppe d’occupazione532.
I rapporti con le autorità militari erano difficili e sovente molto tesi: i comandanti e la soldatesca, di tutte le nazioni europee, erano quasi sempre arroganti e indifferenti alla stanchezza, allo sdegno e alla povertà di popolazioni ormai stremate dai disagi diffusi, dalle latenti epidemie e perennemente in balìa della violenza di soldati e banditi.
Una popolazione, va osservato, tentata altresì da un’umana quanto malsana straniazione dalle continue, tragiche contigenze del presente: allora ecco il divertimento spesso sfrenato con maschere, balli, canti, banchetti, ubriacature. Effimeri stati di vuota, pericolosa euforia, se non di follia collettiva, che sempre più di frequente dilagavano per le vie, le piazze, i vicoli, i baluardi, le campagne “...in questa gran vigna del Novarese”.
“Hora che i spiriti sono più rilassati...” esordiva un desolato e preoccupatissimo don Poletti nella sua lettera ad un altrettanto sconsolato Quagliotti “...et che in un certo modo pare che si possi darsi alla libertà de’ sensi”533 sarebbe stata più che necessaria una buona, fervida, vigorosa predica. L’incertezza dei tempi, la debolezza degli animi, l’allentamento e le licenze della morale, le violenze erano i sintomi più vistosi di un generale, profondo e pericoloso degrado che si sarebbe potuto combattere e forse arginare non solo con opportuni e rigorosi provvedimenti dell’autorità pubblica, ma anche e soprattutto con l’arma spirituale d’eccellenza, specie per i curati di antico regime: la parola.
Ci restano alcune descrizioni sorprendentemente vivaci di quei momenti. Squarci che ci fanno attraversare poco meno di quattro secoli e ci mostrano il rettore di S. Cristina proprio durante le celebrazioni liturgiche, davanti ai fedeli: uomini e donne della campagna e della collina novaresi, in prevalenza contadini e piccoli artigiani, mercanti e qualche soldato, donne di casa e di bottega, bambini.
Tutti certo un po’ intimoriti al momento di entrare in chiesa e soprattutto nel tempo della predica, quando l’ascetico don Francesco faceva scorrere lo sguardo su decine e decine di occhi, attraversandoli e cercando di penetrare nei cuori, nelle menti
nemica vanno calcolate le organizzate e assai agguerrite armate sabaude e soprattutto i temuti reggimenti della corona di Francia).
532 ASNo, Contado di Novara. Comandi militari, cartelle n. 12, 1614, n. 14, 1615, n. 17, 1616 e n. 19, 1617. Gli ordini impartiti dalle autorità spagnole di Milano e coinvolgenti i reparti ispano-imperiali nel Novarese e nel Vercellese (in particolare quelli del poderoso Forte detto di Sandoval, eretto in tempi brevi nei pressi di Borgo Vercelli e ora pressoché scomparso) riguardano soprattutto gli alloggiamenti, il reperimento di viveri e di materiali (terra, legname, buoi, carri, pietre, coppi, attrezzi per guastatori) da impiegare per l’imminente assedio di Vercelli. Sulle vicende minute della guerra nel periodo e nel territorio qui preso in esame si vedano in particolare le puntuali e documentate pagine di Fossati, Memorie historiche cit., p. 57 ss. e di Capriata, Della istoria cit., p. 225. Nel Novecento, tra le sintesi migliori ricordo almeno quella di R. Quazza, Vicende politiche e militari del Piemonte dal 1553 al 1773, in Storia del Piemonte, a c. di D. Gribaudo, I, Torino 1960, pp. 205-207, nonché il particolareggiato saggio di D. Beltrame, Il forte spagnolo “Sandoval” presso Borgo Vercelli (1614-1644), in “Bollettino storico vercellese”, XXIV/45/2 (1995), p. 89 ss. e in partic. pp. 101-103.
533 AONo, cart. 4, 15 aprile 1616.