Page 180 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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Un’omelia ardente, ben pronunciata, con la giusta dose di retorica, di fermezza e di amabilità, con diplomatici, intelligenti, abili, opportuni tratti che contestualizzassero l’argomento predicato, a monito di comportamenti palesi o privati, singoli o collettivi poteva (e talvolta può) far molto. È appunto quanto scriveva a Quagliotti un don Poletti scandalizzato e preoccupato per le debolezze e il diffuso lassisimo della cittadinanza novarese nell’aprile 1616. Il giovane ma già maturo sacerdote sapeva che l’esempio e la parola potevano (e possono) molto su animi disorientati e facile preda di rilassamenti ed emozioni tanto forti quanto sbagliate.
I tempi, si sapeva, non erano certo facili. La guerra era nel non distante Vercellese e nel non distante Mantovano e si trovava allora in una fase di stallo; le truppe (tra le quali ad esempio, proprio a Borgomanero, un presidio – sembra – di fanti Svizzeri che, era cosa nota, in molti casi provenivano da cantoni ‘eretici’) erano in buona parte ancora ben presenti sul territorio529.
francescano era stato “sopragionto da una infirmità di una gamba” ed era ormai impossibilitato perfino ad andare “fuori di casa”.
529 Sicuramente a Borgomanero erano presenti – e lo sarebbero stati a più riprese tra 1613-1614 e 1616-1617, nelle due fasi della prima guerra per il Monferrato - diversi contigenti di varie specialità dell’esercito ispano-imperiale. Lo possiamo sapere con discreta precisione grazie ai ricchi fondi specifici reperibili in ASNo. Primo fra questi reparti, in un periodo di poco precedente e sicuramente inviato in previsione di un peggioramento della politica internazionale specie nei rapporti ispano-sabaudi, fu proprio un imprecisato contingente di “scvizeri”, giunto a Borgomanero l’11 aprile 1611, cui si aggiunse, a pochi mesi di distanza, il 7 ottobre, una compagnia di fanteria spagnola del tercio di Lombardia comandata dal capitano don Pedro Enriquez de Caneda: ASNo, Contado di Novara, 134 (1611-1612). Nel primo periodo di aperto conflitto invece, il reparto di stanza a Borgomanero fu quello del marchese d’Este: ASNo, Contado di Novara, 136 (1613). Il marchese d’Este era Sigismondo (1577-1626), 2° marchese di Lanzo e Borgomanero, figlio di Filippo d’Este, marchese di S. Martino, cavaliere dell’Ordine della ss. Annunziata, e di Maria di Savoia, marchesa di Lanzo. Si sposò con Françoise d’Hôtel (o d’Antal) ed ebbe due figli, Francesco Filippo, marchese di Borgomanero, sposatosi con Margherita di Savoia, e Carlo Emanuele, marchese di Lanzo, sposatosi con la milanese Paola Camilla Marliani. In loco tuttavia, e in quel periodo, si ebbe anche la presenza di Alfonso d’Este del ramo di S. Martino, principe ereditario di Ferrara, Modena e Reggio (1579-1623), cavaliere di Malta. L’anno dopo, altre truppe in Borgomanero furono quelle degli “...huomini d’arme” del marchese don Andrea Manriquez de Mendoza, provenienti da Milano; una compagnia di fanteria italiana del capitano Ercole Maggi, del tercio del maestro di campo don Girolamo Barbò, a sua volta parente del conte Bernabò Barbò, in quel periodo maestro di campo generale e commissario generale degli eserciti in Lombardia e Piemonte per conto della corte di Madrid (dal 1610; nel 1613 governatore di Vercelli): cfr. ASNo, Contado di Novara, 137 (1614, n. 2), dall’11 agosto all’8 ottobre 1614; una compagnia di “Lanze” del conte Ruggero Marliani conte di Mariano, nobile milanese; non meglio precisati “soldati” del conte Carlo Aresino, anch’egli patrizio milanese, che anni dopo sarebbe stato fra i sospettati (ma non processati) presunti untori durante la peste del 1630; una compagnia di “corazze” e dodici archibugieri a cavallo, tutti condotti dal capitano e titolato milanese Giovanni Battista Panigarola: cfr. ASNo, Contando di Novara, 138 (1615, n. 1), dal 24 dicembre 1614 al 14 gennaio 1615. A Borgomanero, per brevi periodi, alloggiò anche, con il suo seguito, anche il “comandante generale della gente d’arme”, probabilmente identificabile, in quel periodo, con il conte fra’ Lodovico Melzi, patrizio milanese e cavaliere di gran croce dell’Ordine di Malta, una figura di altissimo livello che la corona di spagna rese addirittura più prestigiosa, localmente, degli ufficiali spagnoli e tedeschi presenti nel Novarese. Fu senz’altro uno dei più grandi condottieri italiani al servizio, oltre che del suo Ordine contro i Turchi, della monarchia spagnola e dell’impero combattendo per lunghi anni contro gli Ugonotti e nelle Fiandre. Morì proprio durante l’assedio di Vercelli nell’estate del 1617, a poche settimane di distanza dal Quagliotti. Tra il febbraio e il dicembre del 1616 si susseguirono le compagnie di fanteria italiana condotte rispettivamente dai capitani Ottaviano de Picenardi (nobile cremonese: legato a papa Paolo V, podestà di Pavia nel 1621, ambasciatore presso la Serenissima, presidente del senato di Milano dal 30 maggio 1641, morto il 10 giugno 1646), Vincenzo Stanga, Orazio Sforzoso, Francesco Offredi, Camillo Borgo e Paolo Sommo, tutte appartenenti al tercio del maestro di campo cav. G.B. Pecchio. Una compagnia di “Lanze” d’ordinanza del conte di S. Secondo (si tratta quasi certamente di Ferrante de Rossi dei conti di S. Secondo [1530-1618], patrizio veneto, maestro di campo inizialmente al servizio del granduca di Toscana, cavaliere dell’Ordine di s. Stefano, generale dell’artiglieria imperiale, governatore delle fortezze e condottiero per la Repubblica di Venezia, che infine divenne governatore del Monferrato per la Spagna tra il 1614 e il 1615). Vi fu poi la piccola corte del priore Sforza, (da identificarsi in don Fabrizio Sforza Colonna, dei marchesi di Caravaggio, gran priore di Venezia per l’Ordine di Malta, dal 1610 generale delle galere