Page 185 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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turpiloquio539, l’adulterio e il concubinato540, l’usura541 e, c’è da crederci, il duello542, le prevaricazioni, le violenze in genere543.
La scrittura elegante ma nervosa del nostro la ritroviamo così, tra gli appunti e le annotazioni frettolose di riflessioni avute chissà dove, sparse qua e là, ovunque ci fosse uno spazio bianco da riempire su minute, missive già lette, sul verso di fogli scritti e usati per altro, lungo i margini. Insomma, dappertutto.
Il Collegio di S. Cristina “giovamento” della diocesi: a un passo dagli Oblati
“Lui”, Francesco, “...con tanto affetto attendea a’ bisogni spirituali” tanto che addirittura, come già altrove “...non pigliava cibi di sorte alcuna sino a sera, quantunque fosse affaticato tutto il giorno” tornando invece e senza fermarsi “...di longo al Colleggio”.
Ma ecco Quagliotti all’opera durante una funzione, stavolta nella parrocchiale di Borgomanero. Vediamo la scena così come viene descritta, sempre dal meticoloso curato di Veruno che ci dice perfino dove si trovava esattamente in chiesa ad
essere “...in ciò severi, & diano gravissima penitenza”, così come ai curati “...overo i predicatori” ai quali tutti si chiedeva di pronunciare “...sermoni sopra questo, togliendo materia più spiegata da’ libri che la trattano” ma in ogni caso – forse dubbioso sulle reali capacità e conoscenze teologiche dei meno colti curati di campagna - continuava il presule, “si legga questo aviso al popolo quanto prima & poi anche altre volte secondo il bisogno”: Quagliotti operava quindi perfettamente in sintonia con le raccomandazioni del suo vescovo. Cfr. ASDNo, V, 1, 5, Editti pastorali, carte non numerate (ma riprodotte per intero anche nel corposo tomo - espressamente ‘ridotto’ in forma e con finalità manualistiche – Scritti publicati da Mons. Reverendiss. D. Carlo Vescovo di Novara. Nel governo del suo Vescovato dall’anno 1595 fino al 1609. Ridotti in un volume per commodità de’ cleri & popoli della sua Chiesa, in Milano, Per Ambrogio Ramellati stampatore nella Contrada de Orefici, 1660, pp. 317-318).
539 Sull’argomento era allora un vero best seller oltre che un ricercato manuale ad uso di provetti e informati confessori, così come di pii e dotti laici, il trattatello postumo quattrocentesco del frate domenicano (+ Pisa, 1342) D. Cavalca, Pungi lingua. Il libro molto utile al fidele christiano intitolato Pungi lingua, per frate Domenico Chavalcha, nel quale trattansi tutti i peccati che procedono da quella..., più volte edito tra Firenze (incunabolo, impresso in Firenze, presso lo stampatore Bartolomeo de’ Libri, il 10 giugno 1494) e Venezia (per Marchio Sessa, 1540; per Comin de Trino di Monferrato, 1547; nella Contrada di Santa Maria Formosa, al Segno della Speranza, 1563).
540 Il rimando d’obbligo è ancora a Romeo, Amori proibiti cit., passim.
541 Sulla secolare, spinosa questione, nella vasta letteratura rinvio qui agli accenni contenuti nei vari saggi raccolti in Chiesa e denaro tra Cinquecento e Settecento, a c. di U. Dovere, Cinisello Balsamo 2003 e a P. Vismara, Oltre l’usura. La Chiesa moderna e il prestito a interesse, Soveria Mannelli (Cz) 2004, della quale autrice si veda ora il recentissimo studio Questioni di interesse. La Chiesa e il denaro in età moderna, Milano 2009.
542 Oltre alla bibliografia già citata, a riprova di come il triste, sanguinoso fenomeno era considerato dalle autorità, e non solo da esse, una vera e propria emergenza spirituale oltre che, ovviamente, sociale e di ordine pubblico, vale la pena leggere alcune righe di una lettera di monsignor Giovan Pietro Volpi, vescovo di Novara, indirizzata al suo agente in Roma, Paolo Tettio: “...Con tal occasione non devo tralasciare che per la molta soldatesca che si trova in queste parti occorrono spesso casi di duello et in questo tempo pasquale si ricorre però da me con grand’instanze per l’assolutione, la qual facoltà, se ben mi sia stata concessa altre volte [...] non mi serve tuttavia per loro, e così non posso consolare i penitenti, onde vengo a pregar lei che sia contenta d’esser da Monsig.r Coccino, Regente di Penitentiaria, a supplicarlo a mio nome per la sudetta facoltà non solo ne’ casi de praesenti, ma si compiaccia d’allargar la mano anco ne’ casi de futuro, per un mese o due, a beneficio de’ medesimi soldati, i quali d’ordinario facilmente incorrono in casi di duello”: il documento è conservato in ASCo, busta 45, lettera a Paolo Tettio, agente del vescovo Volpi a Roma, Novara, 21 aprile 1626. Del medesimo tono e sullo argomento sono le lettere all’arciprete di Domodossola del 23 aprile e del 21 maggio sempre del 1626.
543 Della violenza di quell’epoca si è detto molto in opere di vario genere: è opportuno però rinviare, nonostante siano in qualche caso mirate ad aree geo-politiche diverse da quella presa qui in esame, almeno i lavori di I. Polverini Fosi, La società violenta. Il banditismo nello stato pontificio nella seconda metà del Cinquecento, Roma 1985, Bande armate, banditi, banditismo e repressione di giustizia negli stati europei di antico regime, a c. di G. Ortalli, Roma 1986, O. Raggio, Faide e parentele. Lo stato genovese visto dalla Fontanabuona, Torino1990 e G. Corazzol, Cineografo di banditi su sfondo di monti. Feltre 1634-1642, Milano 1997.