Page 168 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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Rettore del Collegio di S.a Christina” – “...dal sig.r Prevosto Tornielli, con molto mio piacere ho inteso la vigilanza et diligenza con la quale... attendi alla cura di cotesto collegio di S.ta Christina, et se bene dal medesimo ella sarà raguagliata della sodisfattione con la quale resto dell’opera sua, stimando io nondimeno che l’esserne certificata da me possa haver gran forza di animarla alla perseveranza ho con questa voluto farliene fede, che le servirà insieme per testimonio della gratitudine con la quale sono per conservar memoria delle sue fatiche. Et alle sue oratione in tutto mi raccommando. Da Roma, a’ 23 di genaro 1616”.
Il cardinale di S. Eusebio proseguiva aggiungendo, dopo l’apposizione della data, un ultimo pensiero, quasi un’ultima, improvvisa considerazione, un imprevisto post scriptum: “...Attenda di gratia a quest’opera con la sua solita vigilanza et diligenza, et ne aspetti da Dio N.S. grande retributione. Al piacer vostro...”497.
Inutile sottolineare l’interesse di queste poche righe inviate allo sperduto Collegio borgomanerese dall’ovattato ufficio del cardinale, ancora impegnato presso la sfolgorante Curia romana. È notevole infatti l’attenta cura dell’alto prelato che, certo sufficientemente edotto – grazie ad un più che puntuale, assai lusinghiero e purtroppo perduto rapporto di monsignor Tornielli – ribadisce sì il piacere per l’assidua, amorevole cura del Quagliotti nella gestione materiale, didattica e spirituale del collegio, rimarcando però e auspicando per ben due volte “vigilanza et diligenza” da parte dell’“amatissimo” rettore.
Una lettera la cui calibrata prosa è sintomatica della consumata abilità diplomatica e della personale, umana sensibilità del navigato presule che, con aristocratica cortesia e fine psicologia non manca di suggerire al suo interlocutore una chiave di lettura della sua elegante missiva: “stimando io” soggiunge infatti il cardinale, che questo suo personale scritto in cui esprimeva la sua profonda, sentita soddisfazione per l’opera svolta di gran cuore dal nostro, “...possa haver gran forza di animarla alla perseveranza”. Ed è, quest’ultimo, un altro, significativo termine usato con grande acutezza e pari delicatezza dal nuovo vescovo di Novara: “perseveranza”. È forse a questa auspicata ‘perseveranza’ che si può ricollegare la brevissima annotazione aggiunta dopo la data.
Il 1616 si apriva dunque all’insegna di un rinnovato vigore nelle ‘cure’ del Quagliotti, cure che si svolgevano altresì con immutato zelo: attenta gestione della “fabrica” di S. Cristina, lezioni regolari di teologia morale e di casistica per i chierici studenti, predicazione itinerante, confessioni, studio. Il I gennaio, con un clima assai rigido quindi, partiva per la Valsesia: il 2 era ad Agnona, il 3 a Borgosesia e il 4 era già “infirmus”498.
497 AONo, cart. 4, 23 gennaio 1616.
498 Sempre in gennaio Quagliotti ricevette brevi righe dall’amico teologo di Gozzano, don Ferrari, che l’avvisavano di essere in procinto di inviargli “...la Vita di s. Carlo, che ho hormai letto tutto [...] con mio grande gusto; presto lo spedirò”: AONo, cart. 3, 13 gennaio 1616. si tratta con ogni probabilità della biografia redatta da Giovanni Pietro Giussani. Un’opera questa, che pur nell’innegabile fortuna editoriale venne assai criticata da molti e in particolare dal Bascapè, autore a sua volta di una ponderosa biografia dell’amico e maestro, il cardinale Borromeo. Il volume del Giussani divenne, nonostante le dure prese di posizione nei suoi confronti, rapidamente reperibile in varie e contemporanee edizioni milanesi, bresciane, veneziane e romane a cominciare dal 1610, anno dell’attesa e trionfale canonizzazione dell’arcivescovo di Milano morto da appena ventisei anni. Sull’intera questione si veda in particolare il




























































































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