Page 161 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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di due questioni abbastanza delicate. Si trattò dapprima di cercare, su espresso desiderio del principe, un sacerdote che si occupasse del vicariato di Crevacuore appunto; un “...bono religioso, et con alcuna familia” che avrebbe goduto di un ricco appannaggio di duecento scudi: “Insoma” riassumeva asciutto il gentiluomo “...suplico V.S. in nome di ditto Prencipe” di reperire almeno “...per amor mio” – e per questo usare la massima “...diligenza” – per collocare un degno sacerdote alla vicaria di Crevacore484.
Verso fine luglio invece, Quagliotti – sempre per accondiscendere alle richieste del gentiluomo che agiva per conto del principe di Masserano – si attivò per cercare di ottenere che il cappellano di Fontaneto d’Agogna si occupasse esclusivamente dell’assistenza spirituale in loco, senza attendere ad altre cure, nonostante le diverse disposizioni ricevute dal vescovo: “...Il nostro Capelano mià significato che Monsignore vole che tutte le messe nove siano dette o a Novara o a Santa Crestina, ma esendo esso nostro Capelano desiderarei che V.S. facesse opera con il s.r Canonico Dolci [...] acciò avessimo licenza di far celebrare detta messa qui”485.
In autunno però, i pur numerosi microspostamenti si rilevano solo per il già più fresco settembre: da Momo, a Novara, da Gattico, a Intra, Pallanza, Borgomanero, Fontaneto, Revislate. A ottobre invece la decisione per un nuovo, devoto pellegrinaggio al santuario della Beata Vergine di Loreto, era finalmente presa. Con le autorizzazioni del caso – che purtroppo non ci sono giunte né in copia né in originale – e solo dopo aver fatto testamento, Francesco in ottobre si sarebbe messo in viaggio.
Come d’uso a quei tempi, quando si decideva di compiere un viaggio così lungo e sicuramente non privo di imprevisti e di rischi – dalle strade sconnesse, alle possibili cadute, dalle difficoltà di attraversamento di passaggi montani o di vie d’acqua, ai burrascosi fenomeni meteorologici, dalle malattie che era possibile contrarre ai pressoché inevitabili incontri, frequenti e temuti, con malfattori da taverna, banditi, mercenari e soldati allo sbando, grassatori di strada e via dicendo. Quagliotti volle cautelarsi, in anima e corpo, e decise di stilare un suo breve, pio testamento facendolo rogare, il primo di ottobre del 1615, in “...hora Vesperis et in Colleggio S.te Christinae erecto in territorio loci Burgimanerii Novariensis dioecesis, usque in refectorio” dall’amico sacerdote e valente notaio apostolico don Gaspare Vandoni, curato di Veruno486.
settembre 1627. Dei Seminari novaresi, d’altra parte, il giovane Giovan Pietro aveva accennato in una sua corrispondenza con lo zio Ulpiano, vescovo non residente, già alcuni anni prima; aveva dunque riferito (probabilmente) anche del Collegio di S. Cristina: “...Il Seminario di Novara è diviso per scarsità di Case in due membri: l’uno sotto il nome di Collegio, l’altro di Seminario. Nel collegio sono ammessi chierici promossi a’ ordini sacri, i quali sentono la lettione de’ casi di coscienza da un Padre Barnabita che va in quel luogo a posta et la ripetono poi avanti al Teologo Pintio, il quale sta al governo del medesimo Collegio... Nel Collegio pagano scudi tre al mese eccetto che se fosse altrimenti miserabile, per la molta povertà sua, overo qualche altro de’ paesi confinanti con Svizzari e Tedeschi, i quali vi stanno pur gratis essendo poverissimi”: ivi, 10 ottobre 1623.
484 AONo, cart. 6, 3 luglio 1615.
485 AONo, cart. 6, 26 luglio 1615.
486 AONo, cart. 3, I ottobre 1615. Nella medesima cartella è conservata copia coeva di un secondo, decisivo testamento, quello fatto redigere pochi giorni prima di morire dal chierico e notaio apostolico Bartolomeo Faleone il 12 giugno 1617.