Page 163 - AIUTARE LE ANIME ET IL GOVERNO EPISCOPALE
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di quel Ranuccio Farnese che fino a pochi anni prima (1602) aveva goduto anche – si diceva – del titolo di marchese di Novara.
Improvvisamente, nella laconica monotonia dell’elencazione di Francesco sul Libro delle messe, si nota – tra lo stupore di tutti i biografi del nostro, nessuno escluso, che il viaggio non solo si interruppe, ma che la direzione si invertì: l’11 infatti Quagliotti celebrò nuovamente a Piacenza ma “extra muros”, forse proprio a causa dell’ora tarda. L’inversione di rotta ha fatto sbizzarrire storici ed eruditi che in tre secoli si sono occupati della vita del nostro: Quagliotti non aveva infatti ricevuto – né avrebbe potuto ricevere perché non era possibile sapere dove esattamente si trovasse, né era raggiungibile in nessun modo – alcun avviso ufficiale riguardante la dipartita del suo vescovo.
In molti si sono chiesti se il suo repentino ritorno non sia stato provocato da una visione premonitrice, da un sogno chiarificatore, da un miracoloso annuncio insomma della morte di Bascapè. Questo punto, inutile discuterne, è e resta inspiegabile. Non sapremo mai esattamente, cosa, come, chi indusse Quagliotti a tornare rapidamente sui suoi passi quando pure era quasi a metà viaggio.
Il 12 ottobre è accertata la sua presenza a Casal Pusterlengo, mentre il 13 – secondo un itinerario che evidentemente aveva nel frattempo ben meditato – giungeva a Monza, dove gli pervenne la notizia ufficiale della morte di monsignor Bascapè e dove immediatamente dopo provvide a celebrare una messa di suffragio per il suo ormai defunto vescovo. L’occasione era propizia, per l’affranto sacerdote galliatese, per incontrare anche monsignor Girolamo Settala, allora arciprete mitrato del duomo di Monza, anni prima vicario generale di Novara e amico sia del Quagliotti, sia dello scomparso presule.
Nei due giorni successivi, il 14 e il 15, il Libro delle messe compilato dal nostro offre solo e alquanto laconicamente la notizia che celebrò la messa “pro bona electione episcopi” – pensando certo con trepidazione al momentaneo smarrimento e all’incerto, immediato futuro della diocesi novarese – in una delle due chiesine presenti in “Zergni”, un villaggio a quel tempo in pieve di Vimercate, da identificarsi probabilmente in Gerno, attuale frazione di Lesmo, non distante da Monza489.
Rientrò a Monza il 16 e vi si trattenne fino al 18 celebrando, in quei tre giorni, in S. Maria degli Angeli, nella chiesa del monastero femminile di S. Margherita490 e in cattedrale. Il 19 giunse a Milano “infirmus” mentre il 20, assai stanco e mesto, fece ritorno in “hora tarda” al suo paese natale e dunque alla sua diocesi; dopo una sosta breve ma salutare, il 22 celebrava finalmente, sempre in suffragio del Bascapè, presso la chiesa del Collegio, in S. Cristina.
489 L’identificazione del sito, altrimenti di non facile individuazione, è resa possibile dall’incrocio dei dati offerti sia da D. Olivieri, Dizionario di toponomastica lombarda, Milano 2001 (nella ristampa dell’ed. orig. del 1931), sub voce, e da G. Vigotti, La diocesi di Milano alla fine del secolo XIII. Chiese cittadine e pievi forensi nel “Liber sanctorum” di Goffredo da Bussero, prefaz. di A. Paredi, cartine topogr. di G. Colombo, “Thesaurus ecclesiarum Italiae” II/1, Roma 1974, p. 386.
490 Il cenobio cioè dove fino a pochi anni prima, precisamente – si diceva - all’ottobre del 1607, si trovava sr. Virginia Maria de Leyva, la “monaca di Monza”, prima di essere processata per i gravi fatti che l’avevano vista protagonista insieme all’Osio e ad altre consorelle.



























































































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